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Diritti internazionali umanitari nei tempi di guerra, tutele, convenzioni, abusi

Rapimenti Padre Paolo Dall’Oglio

Arcivescovo di Algeri, Henri Teissier; dal libro <<Accanto a un amico>> Edizioni Qiqajon, Comunità di Bose.

C’è una Pentecoste per ogni popolo

         Pag. 87: […] In fondo all’abside si può leggere, fin dall’entrata, quell’invocazione a Maria, Nostra Signora d’Africa, dipinta molto prima dell’indipendenza algerina e che riassume la missione della nostra chiesa d’Algeria: “Prega per noi e per i musulmani”.

A dire il vero, oggi non è necessario fare grandi viaggi per superare frontiere. La ricca differenza delle culture e delle eredità umane è adesso visibile ovunque, per chi sa aprire gli occhi, la porta e il proprio cuore.  Abbiamo eretto tante di quelle barriere tra gli uomini, e messo tanti di quei paraocchi ai nostri sguardi, che non siamo più in grado di scoprire “che le meraviglie di Dio sono proclamate in tutte le lingue”.

         Lo Spirito di Dio (La Croix, 16 maggio 1997) interpella ogni coscienza umana, a qualunque cultura religiosa appartenga.

         Per noi che ogni giorno viviamo la nostra esistenza cristiana nella differenza culturale e religiosa, la proclamazione del racconto della Pentecoste assume una densità particolare. Certo, le diverse nazionalità enumerate nel testo degli Atti degli Apostoli sono quelle alle quali appartenevano, come dice il brano di Pentecoste, “giudei osservanti di ogni nazione che è sotto il cielo” (At 2, 5). Ma tali giudei rappresentavano la diversità culturale dei popoli delle loro origini. Quale gioia allora nel sapere così riuniti, per accogliere lo Spirito, parti, medi ed elamiti, con gli abitanti della Cappadocia, del mar Nero e dell’Egitto e altri ancora. Nel nostro contesto culturale questa gioia è ancora più profonda, perché sentiamo nominare, esplicitamente, “gli arabi” e gli abitanti della “Libia vicino a Cirene” (At 2, 10).

         Sono stato, una volta, in visita pastorale alle piccole comunità cristiane che vivono oggi tra Derna e Tobruk in Libia. Ho domandato a un libico, musulmano naturalmente, se ci fosse qualcosa di particolare da vedere sulla strada che unisce le due città. Mi ha subito risposto: “Bisogna visitare la grotta del profeta Marqus (Marco)”. Sapevo che i cristiani egiziani ritengono che sia stato Marco a portare loro l’evangelo e definiscono ufficialmente la loro chiesa “la predicazione di san Marco”, ma non mi aspettavo certo di trovare un musulmano libico d’oggi che mi indicasse una grotta di san Marco sulla strada di Tobruk. Il nuovo vescovo di Bengasi, potrà fondare il suo ministero anche su queste memorie cristiane della Cirenaica.

         Simone di Cirene, un abitante dell’Africa del nord, ha rappresentato in anticipo la nostra chiesa del Magreb durante la passione di Cristo. Ho visitato anche la sua città, o quello che ne rimane, Cirene, e molto vicino a quel luogo, oggi Al Bayada, c’è una comunità cristiana cosmopolita quanto l’assemblea dei giudei della pentecoste.

… A dire il vero, oggi non è necessario fare grandi viaggi per superare frontiere. La ricca differenza delle culture e delle eredità umane è adesso visibile ovunque, per chi sa aprire gli occhi, la porta e il proprio cuore.

         Per questo motivo la commissione teologica internazionale ha appena fatto a tutti noi un bel regalo di pentecoste orientando e stimolando la riflessione cristiana sulla teologia delle religioni.

         Pentecoste è lo Spirito santo dappertutto, effuso sugli uomini affinché essi nascano alla vita di Dio della quale Gesù ha manifestato le armoniche e i tesori e ci ha dato in anticipo l’eredità citandoci tutti nel suo testamento. Non è forse morto per “raccogliere nell’unità tutti i figli di Dio dispersi” (Gv 11, 52)?

         Abbiamo eretto tante di quelle barriere tra gli uomini, e messo tanti di quei paraocchi ai nostri sguardi, che non siamo più in grado di scoprire “che le meraviglie di Dio sono proclamate in tutte le lingue”. Ho avuto la gioia, due settimane fa, di leggere alla televisione algerina una lettera inviata nel 1862 all’allora vescovo di Algeri dall’emiro Abd el – Kader. Diceva di essere intervenuto per salvare i cristiani da un pogrom druso, a Damasco, perché lo riteneva suo dovere, sia come musulmano che come servitore dei diritti dell’umanità, giacché, aggiungeva: “Tutti gli uomini sono figli di Dio”. Una simile convinzione non è forse uno di quei frutti dello Spirito dei quali parla l’epistola della Pentecoste?

         Non si tratta di negare che il male, la violenza, l’omicidio, la corsa al denaro sfigurano l’umanità. È la nostra grande sofferenza in questo momento in Algeria. Ma, dall’interno di questa situazione dolorosa, vogliamo rivolgere ai nostri fratelli uno sguardo di pentecoste, scoprire come lo Spirito di Dio interroga ogni coscienza umana, qualunque sia la sua cultura religiosa, e orientare ogni uomo verso la sua vera vocazione. E non c’è che una sola vocazione umana: ricevere l’amore di Dio per vivere di esso. Non è forse il dono dello Spirito? Scoprendolo all’opera negli altri, ritroviamo la fede nel suo agire nella nostra vita personale. È la reciproca missione che ci viene nuovamente affidata in questa Pentecoste. L’assumo con gioia, nella mia identità cristiana, quando scopro che il dono specifico che mi è fatto può anche unire, attraverso una cultura religiosa differente, la vita e il cuore di tutti i miei fratelli e sorelle dispersi nella moltitudine delle nazionalità e dei patrimoni umani.

         “Poiché lo Spirito ci fa vivere, lasciamoci condurre dallo Spirito”. “Quando verrà lo Spirito di verità, ci guiderà verso la verità tutta intera” (Gv 16, 13).

         Pag. 87: […] In fondo all’abside si può leggere, fin dall’entrata, quell’invocazione a Maria, Nostra Signora d’Africa, dipinta molto prima dell’indipendenza algerina e che riassume la missione della nostra chiesa d’Algeria: “Prega per noi e per i musulmani”.

         Pag. 158: […] Il posto della chiesa è su tutte le linee di frattura, tra i blocchi umani e all’interno di ogni essere umano, ovunque ci siano delle ferite, delle esclusioni, delle emarginazioni. Quando l’umano è in pericolo, al cristiano non è permesso disertare (Mons. Claverie, Le Lien, bollettino della diocesi di Orano, maggio 1996).

         Pag. 159: << … Riscopriamo Gesù come il servo sofferente e, nello stesso momento, come colui che dà a tutte le sofferenze degli innocenti il loro significato, che ne rivela la fecondità per la venuta della salvezza del popolo, e che le trasforma in offerta, in sacrificio nella sua eucaristia, nella nostra eucaristia, in sacrificio della nuova alleanza … Fissando i nostri occhi su Gesù, il Messia sofferente, siamo anche invitati a fissare i nostri occhi sulla sua attesa dell’<ora>, sulla sua obbedienza di servo sofferente, sulla sua dipendenza rispetto alla sua vocazione, alla sua missione, lui l’inviato del Padre, lui che è venuto per vivere e svelare quella qualità d’amore che va fino al dono di sé, e che culmina quale <ora> donata dal Padre …

Ogni vita umana ha un valore infinito e appartiene solo a Dio, fonte della vita

        L’esaltazione cristiana del martirio nel passato ha dato a volte l’impressione che si misconoscesse il valore della vita umana. Dopo due secoli di lotta per i diritti dell’uomo e la sua dignità, non possiamo oggi rischiare una vita umana senza interrogarci profondamente sul rispetto di tale vita. I poteri fanatici non esitano a mandare alla morte migliaia di giovani nel nome di un’ideologia. Le grandi nazioni moderne, al contrario, sono sempre più attente a proteggere la vita di ogni singolo cittadino, compresa quella delle forze armate impegnate in un conflitto. A mio parere si tratta di una domanda seria che ogni cristiano responsabile è costretto a porsi, in situazioni nelle quali la fedeltà cristiana potrebbe pagarsi a prezzo della vita. La tradizione della chiesa ha del resto sempre rifiutato il titolo di martire a coloro che provocavano i propri avversari e li costringevano a usare la violenza per sbarazzarsi di loro. Il passo è breve tra la pusillanimità nell’ora della prova, come il cattivo pastore dell’evangelo, e il fanatismo che conduce alla morte i militanti da capi poco rispettosi del valore di ogni vita umana>>.

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