artisti consapevolezza educare alla non violenza medicina missionari morale cristiana neurologia onestà intellettuale pace psicologia cristiana ricerca medica scrittore spiritualità Uomini di Dio

Alla ricerca dei doni dello Spirito Santo, bambini santi – SETTE tipi d’intelligenza

sette tipi di intelligenza

PILLOLE DI SANTITÀ

  1. Domenico  Savio – allievo dell’Oratorio  di  S. Francesco  di  Sales:  dono di Maria a Don  Giovanni  Bosco.

6 MAGGIO : FESTA LITURGICA

<<Vi dono il mio cuore>>

Il lancio venne dato proprio da quella solennità dell’Immacolata.

Ecco quanto scrive Don Bosco nella vita del santo giovanetto (Vita di Domenico Salvio, allievo dell’Oratorio di S. Francesco di Sales, compilata dal Sac. Bosco Giovanni, 1859):

 ”Correva l’anno  1854  in  cui  cristiani  di  tutto  il  mondo  erano  in  una  specie  di  agitazione  spirituale  perché trattavasi a  Roma  della  definizione  dogmatica  dell’Immacolato  Concepimento  di  Maria.

                Il  Savio  era  uno  di  quelli  che  sentivasi  ardere  dal  desiderio  di  celebrarla  santamente. Scrisse  nove  fioretti, nove  atti  di  virtù  da  praticarsi, estraendone  a  sorte, uno  per  giorno. Si  preparò  e  fece  la  confessione  generale, e  si  accostò  ai  Santi  sacramenti  col  massimo  raccoglimento. La  sera  di  quel  giorno, 8  Dicembre, Domenico davanti  all’altare  di  Maria, rinnovò  le  promesse  fatte  nella  prima  comunione. Poi  disse: Maria, vi  dono  il  mio  cuore! Fate  che  sia  sempre  vostro. Gesù  e  Maria, siate  voi  sempre  gli  amici  miei, ma  per  pietà, fatemi  morire  piuttosto  che  mi  accada  la  disgrazia  di  commettere  un  solo  peccato” (Vita – pag. 29).

                Già a soli quaranta giorni dall’arrivo di Domenico, Don Bosco intuiva che la Madonna gli aveva fatto un dono unico e straordinario, affidandogli l’educazione alla santità di quel giovane, che avrebbe personalizzato in sé l’ideale educativo salesiano.

                <<La formula della santità>>

                Domenico era deciso a diventare santo.

Aveva letto con molto interesse le vite di S. Luigi e di Luigi Comollo, scritte da Don Bosco. Da queste letture egli aveva attinto quella che chiameremo l’idea corrente della << strada della santità>>: lunghe preghiere, penitenze, apostolato eroico ed in terre lontane, e si era decisamente impegnato a percorrerla.

                Ma Don Bosco ha una sua formula di santità da proporgli:

–              Non lungo tempo in preghiera,  ma fervore e perfezione nella preghiera comune;

–              Non penitenze afflittive, ma l’esatto adempimento dei doveri di studente e convittore, compresa la ricreazione, il gioco, la sana allegria ed il giusto svago;

–              Non lavoro apostolico fuori del suo ambiente (nei mesi precedenti i giovani dell’Oratorio erano stati impegnati come infermieri a servizio dei colerosi) ma l’impegno di assistenza, amorevolezza, buon esempio e servizio ai compagni.

Il ragazzo sembra turbarsi di fronte a questa <<moderazione>> di Don Bosco: ma il santo educatore lo conforta e gli fa questo ragionamento:

                <<Tu non sei chiamato, per ora, a diventare santo come un S. Luigi, o un S. Francesco Saverio, o altri, ma come un ragazzo tredicenne, ed in questo ambiente specifico del nostro Oratorio. Ti basta una vita spirituale intensa e profonda, eucaristica e mariana, come tutti noi qui cerchiamo di vivere. Nell’esatto adempimento dei tuoi doveri di studio e di obbedienza trovi la tua crocifiggente penitenza.

                E fa tutto il bene che puoi ai tuoi compagni: sono le anime che il Signore ti mette accanto perché con loro tu cammini sulla via della bontà>>.

                Domenico comprese. E si impegnò a seguire la formula di don Bosco.

                L’Eucaristia e la Madonna furono i due punti di riferimento più importanti della sua vita di ogni giorno.

                In particolare, sulla sua devozione alla Madonna, don Bosco lasciò scritto:

                <<La devozione verso la Madre di Dio in Domenico era assai grande. In onore di Lei faceva ogni giorno qualche mortificazione. Teneva costantemente freno gli occhi … Ad un compagno che lo rimproverava per questa sua sorprendente mortificazione di sguardo, e gli chiedeva cosa volesse farne dei suoi occhi, egli rispondeva:

–              Voglio servirmene per mirare in faccia la nostra celeste Madre Maria … quando andrò a trovarla in paradiso!

Aveva una speciale devozione all’Immacolato Cuore di Maria.

                Ogni venerdì sceglieva un tempo di ricreazione, si portava in chiesa con altri compagni per recitare la corona dei sette dolori di Maria e le litanie della Addolorata … In nessun tempo appariva maggiormente infervorato verso la celeste nostra protettrice Maria quanto nel mese di Maggio.

                Si accordava con altri per fare ogni giorno di quel mese qualche pratica particolare oltre a quanto aveva luogo in chiesa.

Si preparava una serie di esempi edificanti che egli andava con gran piacere raccontando per animare gli altri ad essere devoti di Maria. Ne parlava spesso in ricreazione: animava tutti a confessarsi e frequentare la S. Comunione, ed egli ne dava l’esempio accostandosi ogni giorno alla mensa eucaristica con tale raccoglimento, che maggiore non si può desiderare>> (Vita, pag. 49-50).

<<L’ultimo mese di maggio>> Maggio 1856: è l’ultimo che Domenico trascorre all’oratorio di Valdocco.

Don Bosco lo ricorda così:

                <<Sul finire di aprile si presentò al Direttore (Don Bosco) e gli domandò come avrebbe dovuto fare per celebrare santamente il mese di Maria.

–              Lo celebrerai, rispose, coll’esatto adempimento dei tuoi doveri, raccontando ogni giorno un esempio in onore di Maria e procurando di regolarti in modo da poter fare in ciascun giorno la S. Comunione.

–              Ciò procurerò di fare puntualmente; ma quale grazie dovrò domandare?

–              Domanderai alla Vergine Maria che ti ottenga da Dio salute e grazie per farti santo …

Il fervore di Domenico fu grande. Se scriveva trattava di Maria, se studiava, cantava, andava a scuola, tutto era in onore di Lei.

                Ad uno di essi che gli osservava: Se vuoi fare tutto quest’anno, che cosa ti rimane da fare per il prossimo anno?- Egli rispondeva: – Lascia fare me. Quest’anno voglio fare tutto quello che posso; l’anno venturo, se ci sarò ancora, ti dirò quello che vorrò fare>> (Vita, pag. 87-88).

<<L’addio alla terra>>

                Il giovanetto appariva, già nei mesi primaverili di quell’anno, molto sciupato di salute, e più ancora nei mesi autunnali. La sosta delle ferie estive non aveva giovato alla sua salute.

                Don Bosco volle fare un consulto di medici.

                Tutti ammiravano la giovialità, la prontezza di spirito e l’assennatezza delle risposte di Domenico.

                Alla domanda di Don Bosco sulla causa del deperimento continuo del Savio, il Dott. Vallauri dava questa risposta: la sua gracile comprensione, la cognizione precoce, la continua tensione di spirito, sono come lime che gli rodono insensibilmente le forze … unico rimedio, lasciarlo andare in paradiso, per cui mi pare assai preparato.

                Don Bosco seguì il consiglio dei medici di rimandare in famiglia, per un periodo di assoluto riposo, il suo caro Domenico.

                Lo fece, come egli scrive, a malincuore e con grande rincrescimento:

                <<L’avrei tenuto con me a qualunque costo; il mio affetto per lui era quello di un padre verso di un figliuolo il più degno di affezione. Pure il consiglio dei medici era tale che io volevo eseguirlo>> (Vita, pag. 90).

                Partì il primo giorno di marzo del 1857. Aveva chiesto a Don Bosco se dal paradiso avrebbe potuto, almeno qualche volta, tornare dai suoi compagni e Don Bosco gli diede una strana assicurazione al riguardo: egli avrebbe potuto tornare!

                Moriva nove giorni dopo, verso sera. Moriva sorridendo con le mani incrociate sul petto e senza il minimo movimento esclamando:

–              Addio, caro papà, addio!

Oh che bella cosa io vedo mai!

E tornò.

                Qualche sera dopo la sua morte tornò dal suo caro papà e disse: <<Papà, io sono in paradiso>>.

                Tornò anche dai suoi compagni e da Don Bosco.

                Nella visione che il santo raccontò a tutta la comunità dell’Oratorio di Valdocco, la sera del 22 settembre 1876, egli descrive il suo incontro con Domenico Savio, <<ambasciatore di Dio ai giovani>>:

–              Dimmi, mio caro Savio … quale cosa ti consolò di più in punto di morte?

–              Quale cosa sembra a te possa essere? Rispose Savio.

–              Forse l’aver conservato la bella virtù?

–              Non questo solo!

–              Forse l’aver avuto la coscienza tranquilla?

–              È già una buona cosa, ma non la migliore.

–              Forse la speranza del paradiso?

–              Neppure!

–              Che cosa dunque? Forse l’aver fatto tesoro di opere buone?

–              No, no …

–              Quale dunque? – chiesi confuso e supplichevole …

–              Ecco: ciò che mi confortò in punto di morte fu l’assistenza della potente ed amabile Madre di Dio. Dillo ai tuoi figli, che non dimentichino di pregarla finché sono in vita! ( Atti del processo apostolico, foglio 1046).

Questo è il grande dono materno che la Vergine ha voluto fare a Don Bosco ed a noi>>.            (articolo firmato da Pietro Ceresa)













Nellie Organ
Imelda Lambertini




Maria Valtorta – più giù dai suoi scritti, Gesù, la Vergine Maria, Nennolina …


































Santa Rosa da Viterbo e San Francesco
















Cristianamente parlando, i 7 doni dello Spirito Santo? Quel dono che ci viene più naturale che mai, senza che ci spinge nessuno alla scelta dello studio, quel qualcosa che ci arriva sembra dalla notte dei tempi.

Mia madre, poco prima che mancasse, mi confidò una cosa, che non si era mai ricordata, non ha mai fatto caso del accaduto, cioè, una antica usanza, oggi credo scomparsa. Al battesimo del bambino, va mescolato su un piatto, vassoio, oggetti che possono rappresentare un futuro mestiere. Vanno mescolate in maniera diversa per ben tre volte. Il bambino dunque, sceglie per tre volte quello che vuole. Mi raccontò che tra tutto quello che hanno mescolato, per tutte tre volte, avevo scelto due cose: colori e la penna. In verità non c’è nulla di più semplice per me che, mescolare i colori e scrivere. A 16 anni mi aveva detto questo … Dopo un anno è mancata.

Secondo me, scrivere, senza avere il dono della pietà, della sapienza divina, la saggezza del cuore … serve a poco. Io non ci credo nella letteratura della persuasione dell’anima. Un testo, se non ha come fondamenta una verità, va cancellato come dal tasto di un PC. Almeno io filtro tutto in questa maniera, dall’alba dei miei più remoti ricordi.

Nessuno ha mai toccato l’argomento nella maniera così fine, come Don Dolindo Ruotolo. Non sono tanti anni da quando leggo suoi scritti, spiega i doni dello Spirito Santo nella maniera più chiara che ho mai letto, poiché imbevuto da essi. Il cuore riconosce il vero nel modo più naturale che si possa. Tutto diventa talmente chiaro, limpido, sensato …





































Pablo Picasso e Salvador Dali




RnS Roma 38 anniversario

https://youtu.be/QuC52IoTczY

















































Oriana Fallaci nel Solo io posso scrivere la mia storia

Alla Medical School di San Antonio Texas, dove ero andata a raccogliere materiale per il mio libro Se il Sole muore, chiesi d’esser sottoposta all’esame di intelligenza che facevano agli astronauti. Non un esame basato su un’erudizione scientifica o un’informazione tecnica, badate bene: un esame basato su cognizioni generali e su ragionamenti elementari. Sapete che cosa ne risultò? Che io avevo il cervello di una scimmia appena nata … I voti andavano da zero a 250, ricordo. Ebbi 35 dove il più mediocre degli astronauti otteneva 150 , 180, 200. E sapete che cosa precipitò la situazione? La risposta che detti quando mi mostrarono un foglio bianco di carta e mi posero la domanda: “Che cos’è?”.

Risposi che era un campo coperto di neve, probabilmente un campo di grano nell’Ohio o in Lombardia o in Ucraina, poi descrissi con passione le radici del grano che lottavano per spingere i primi germoglio oltre la cappa di neve mentre il contadino aspettava impaziente, malediceva l’inverno cattivo che gli avrebbe rovinato il raccolto, eccetera, eccetera. Ero arrivata al punto in cui il contadino maledice l’inverno cattivo quando la voce dell’esaminatore mi interruppe inorridita: “What in the bell are you saying? This is a sheet of paper!” (Che diavolo dice? Questo è un pezzo di carta!).

Lo sapevo anche io che era un pezzo di carta: non sono mica cieca. Ma il mio tipo di intelligenza non vedeva quel pezzo di carta come un pezzo di carta: lo vedeva come un campo di neve dove le radici del grano lottavano per spingere i germogli oltre la cappa di neve eccetera, eccetera,

Non sono un astronauta. Sono uno scrittore. E quando lo scrittore guarda un albero senza le foglie, diciamo d’inverno, egli non vede soltanto un albero senza le foglie. Vede le foglie che quell’albero avrà in primavera e i fiori che sbocceranno tra quelle foglie, e – se è fortunato – vede le radici che l’albero nasconde nel suolo. (Se il Sole muore, Oriana Fallaci).

































































https://youtu.be/KRCn1WJ2NxY





















Potrebbe piacerti...