Non sarà semplice comprendere, ma almeno provate
Kierkegaard
Il mistero della Passione
Antologia dal Diario
A cura di Tito Di Stefano
Il rinnegamento di Pietro
Se Cristo fosse stato tenuto per un puro uomo, Pietro avrebbe ben potuto sopportare il pensiero che lo trattassero in quel modo, non avrebbe dimenticato se stesso e gli sarebbe rimasto fedele. Ma questa situazione quasi pazzesca, il sapere che Cristo era Dio e che avrebbe potuto e poteva chiamare sempre legioni di angeli (Mt 26, 53) ecco ciò che sopraffece completamente Pietro. Come chi perde la favella per lo spavento, così tutti i concetti si fermarono per Pietro, che in questo stato quasi apoplettico lo rinnegò. (Diario 1847-1848, VIII 370)
<<Anche Pietro rinnegò Cristo>> (Mt 26, 69). Che m’importa? Se Pietro fa il bene, allora Pietro è Pietro. Se Pietro fa il male, io non ho niente da fare con lui, poiché non è questo che devo imparare da lui. (Diario 1848, IX A)
<<Pietro uscì fuori e pianse amaramente>> (Mt 26, 75).
E’ bello quest’atto di Pietro e può servire di criterio per misurare la distanza degli uomini! C’è un uomo con il quale ci si comporta in modo inescusabile, lo si pianta in asso quand’è tradito, ecc. Se egli è abbastanza nobile da non ricorrere a rimproveri o a rimostranze, ecco che gli uomini ne abusano, fanno finta di niente, come se tutto fosse andato per il meglio. Questa è la condotta generale. (Diario 1854, XI A 31)
Il paganesimo non stringe mai la verità più da vicino di quanto Pilato chiese: <<Cos’è la verità?>> ( Gv 18,38), per poi crocifiggerla.
Perciò dal punto di vista cristiano, la verità naturalmente non consistere nel conoscere la verità, ma nell’essere la verità. Contro tutta la filosofia moderna, c’è su questo punto una differenza infinita, come si vede benissimo nel comportamento di Cristo con Pilato; poiché egli non poteva rispondere alla domanda: <<Cos’è la verità?>>, senza deviare dalla verità, e proprio perché non era colui che sapesse ciò che è la verità, ma egli era la verità. Non che egli non sapesse cos’è la verità; ma quando si è la verità e l’esigenza è d’essere la verità, è il non-verità il sapere la verità. Infatti, se si è la verità, è naturale che si sappia che cosa essa è, ma non viceversa; ed ecco appunto perché diventa non-verità, quando si separa il sapere la verità dall’essere la verità, o quando si identifica il sapere la verità con l’esserla, mentre bisogna dire l’inverso: essere la verità è una sola cosa con sapere la verità e Cristo non avrebbe mai saputo la verità, se lui stesso non lo fosse stato; e nessun uomo sa della verità più di quanto non ne partecipi.
Così in fondo non si può sapere la verità; conoscere la verità infatti significa sapere che la verità è essere la verità e ciò che si sa della verità è che il sapere la verità è non verità. Se si dice che la verità è il sapere la verità, si afferma anche che la verità è essere la verità, poiché si dice che sapere la verità è essere la verità, altrimenti nell’altro caso bisognerebbe dire: la verità è conoscere la verità. Ossia ritorna la domanda sulla verità e così non si è ancora risposto alla domanda, poiché rimane in sospeso la risposta decisiva, cioè se si possa riuscire a sapere se si è o non si è la verità. In altre parole: il sapere si rapporta alla verità, ma intanto io sono in errore fuori di me stesso; in me, cioè, quando sono veramente in me( e non fuori di me, nell’errore), se essa c’è, è un essere, una vita. Perciò sta scritto: <<La vita eterna è questa, che conoscano te, l’unico vero Dio, e colui che hai mandato>> (Gv 17,3). In altre parole, io non conosco in verità la verità se non quando essa diventa vita in me. Perciò Cristo paragona la verità anche a un convito e l’appropriarsi di essa al mangiare; come infatti il cibo, che si è appropriato (assimilato), conserva la vita nel corpo, così anche la verità dà e mantiene insieme la vita dello spirito: è la vita. (Esercizio del Cristianesimo, in Opere, a cura di C. Fabro, Sansono Editore, Firenze 1972, p. 793)
Luigi Francesco Ruffato (a cura)
PADRE KOLBE – un sorpasso sociale
Un libro geniale, dove
Un giornalista laico, agnostico (A) E UN CRISTIANO CATTOLICO (K): l’uno di fronte all’altro
Domande simulate (A) e risposte autentiche di Massimiliano Kolbe,
Edizioni Messaggero Padova – collana Memoria e profezia, 2009
In questo libro le domande, affidate a un giornalista agnostico, nascono dai fatti del passato e del presente. Le risposte di padre Massimiliano Kolbe sono di ieri ma valgono anche per l’oggi. In tutto in due parti, ben articolate da titoli tematici, con una prefazione mordente e una postfazione a carattere storico. Nella prima parte il <<sorpasso sociale>> è evidenziato dalla dialettica, supportata dalle opere kolbiane in Polonia e in Giappone; nella seconda, attraverso la testimonianza di fra Zeno Zebrowski, il più fedele discepolo del martire di Auschwitz, si mette in luce la marcia in più dello spirito delle città dell’Immacolata fondate da Massimiliano Kolbe: Niepokalanòw e Mugenzai no Sono.
https://niepokalanow.pl/sanktuarium/kaplica-adoracji/adoracja-jest-miloscia
Alla pag. 140
A Caliamoci sul terreno sociale e politico.
K Capisco la difficoltà degli agnostici. Ma l’ideale sarebbe che i cristiani per primi non mentissero nel mirare al bene comune, cioè sull’amore al prossimo. La prima bugia sociale e politica è non amare il prossimo come insegna il vangelo (Mt 25, 31-45) e proporsi come pubblico servizio, con equivoche manovre a favore degli interessi di parte. Chi ama non mente. In questo comprendo l’affermazione del filosofo Costant.
A Padre Kolbe, un altro sociologo, lo spagnolo Ignacio Mendiola, in un saggio (Elogio della menzogna, ed. Tropea) si chiede: <<Che sarebbe l’amore senza la menzogna?>> (Corriere della Sera, 21 luglio 2008, p. 26). Abbiamo il diritto di amare e di mentire. <<La menzogna è una protezione contro il mondo, un costrutto che ci salvaguarda dall’inclemenza del nonsenso, un rifugio che dev’essere costruito anche da chi ripudia la menzogna, perché nella verità risiede solo l’inesistente occhio di Dio>>.
K E’ tutto chiaro, amico. Io non penso a una società senza l’occhio di Dio. Sta qui la differenza tra me e gli autori che lei mi ha citato. Loro dicono che la menzogna accompagni uomini e donne, senza rimedio. Gesù, invece, cerca adoratori in spirito e verità, per una rivoluzione culturale e sociale (cf. Gv 4, 21-26). GESU’ INSEGNA A RIBELLARSI AL CONFORMISMO che costruisce il deserto spirituale e nutre la menzogna come sistema socio-politico. La menzogna è un veleno prodotto dall’ipocrisia. Non per niente il diavolo è per natura bugiardo. La verità è l’opposto: è gioia di servire e di essere amati. La bugia è una minaccia alla vita. Non così la verità, che ci fa liberi, se amiamo (SK 149, 509).
Benedizione che il Servo di Dio, Padre Candido Amantini, esorcista di Roma a Scala Santa, impartiva ai fedeli
<<Il Signore sia sempre con te.
Cammini davanti a te per guidarti,
stia dietro di te per proteggerti,
dimori dentro di te per custodirti,
sia sopra di te per illuminarti. Amen>>.
Il Santo Pontefice Giovanni Paolo II nel discorso del mese di maggio 1980, a Lisieux, durante la sua visita presso la tomba di Santa Teresa di Gesù Bambino e del Volto Santo, ha affermato che “i santi non invecchiano mai, essi non cadono i prescrizione. Essi restano continuamente i testimoni della giovinezza della Chiesa. Essi non diventano mai personaggi del passato, uomini e donne di “ieri”. Al contrario: essi sono sempre gli uomini e le donne di “domani”, gli uomini dell’avvenire evangelico dell’uomo e della Chiesa, i testimoni del “mondo futuro”. Nel silenzio, Dio, prepara cose grandi, risveglia desideri di beatitudine, suscita lo spirito, conferma la volontà. Egli, in tutte le epoche, prepara nuovi Benedetto, Francesco, Domenico, Ignazio … Forma nuovi Benedetto Labre e tanti altri pellegrini che sgranano rosari o preghiere a Gesù passando di monastero in monastero, di convento in convento, di chiesa in chiesa, fin nel centro delle nostre città. Vicinissimi alle nostre case. La sua infinita bontà ha preparato, per noi, il nostro Servo di Dio, uomo inebriato dell’amore di Dio, che veglia al capezzale del mondo quale padre premuroso e attento, come una madre fa col suo bambino, cercando di fargli diminuire la febbre e placarne i timori con la dolcezza del suo sguardo.
Padre Candido ci ha ricordato che noi siamo fatti per la felicità con la “F”, la quale non è un oggetto. Se la cerchiamo in mezzo alle cose, il cuore si intristisce e avvizzisce, i capelli diventano grigi anzitempo. Il mondo, lo spirito del male, allestisce per noi paradisi materiali che tarpano le ali. Si trova una piccola felicità, poi, dopo, passa, svanisce, allora ci si risente male come una droga ha finito il suo effetto. Si cerca nuovamente una piccola felicità, giorno dopo giorno. Finché non giungiamo a comprendere che il mondo, non ha Felicità, ma brevi attimi di piacere.
Alcune considerazioni, che “suonano” alla stessa maniera, come il racconto di chi ha conosciuto PERSONALMENTE Gesù, la divinità ed è cambiato in un attimo TUTTO
André Frossard: <<C’è un ordine nell’universo, e al vertice, attraverso un velo di nebbia splendente, l’evidenza di Dio, l’evidenza fatta presenza, divenuta la persona di Colui che un istante prima avrei negato e che i cristiani chiamano Padre nostro, e di lui sento una dolcezza, diversa dalle altre, non quella passiva intesa talvolta con questo nome; ma una dolcezza attiva, lacerante, che vince ogni resistenza, capace di frantumare la pietra più dura, capace di spezzare ciò che è più duro della pietra, il cuore umano … Ero entrato giovane sulla ventina, e uscivo dalla chiesa un bambino pronto al battesimo>>.
<<La Verità non è una forza immanente, non è la storia, non è qualcosa, ma è Qualcuno. E’ Qualcuno immensamente dolce. Attraverso una folgorazione brutale ho compreso che il cristianesimo è essenzialmente amore: ciò che ci darà tristezza al termine della vita sarà solo non aver amato abbastanza>>.
Autore di <<Dio esiste, io l’ho incontrato>>, 1969, Parigi.
André Frossard, narratore, biografo, saggista, relatore di viaggi e osservatore politico, guardando alla sua esperienza personale e al modo con cui di solito viene capito e vissuto il cristianesimo. Ha detto: << … Oggi si dimentica un po’ troppo che il cristianesimo è una storia d’amore. Si discute per sapere ciò che è scaduto, ciò che resta valido, e si tace sull’amore di Dio. Se un vero teologo ci parlasse di Dio, e non di teologia, si vedrebbero le agitazioni cessare rapidamente, tutti si troverebbero d’accordo, non si tirerebbero fuori argomenti capziosi, ma si riconoscerebbe che Dio ci ama>>.
Facciamo così – io sono riuscita ad acquistare tutto quello che in Italia è tradotto – i libri di Andrè Frossard, ma non posso non “gridare” al mondo intero per prezzi bassi, della fortuna di aver trovato la gioia del cuore. Persone come Papa Giovanni Paolo II – santo, Massimiliano Kolbe … nascono in pochi sulla Terra, in un secolo, ma si perde di vista una cosa IMPORTANTISSIMA, che anche geni come André Frossard, maestri della scrittura, esperti nel saper raccontare l’anima e la parte più sottile di ciascuna delle parole, RIANIMATORE DELLA PAROLA, DEL LINGUAGGIO umano e soprattutto spirituale – sono rarissimi in un secolo.
A questo punto, io sto zitta e voi, tedeschi, francesi, inglesi – spagnoli – “divorate” come si sul dire quei esemplari che esistono ancora in vendita, dal 1969 … vedete un po’ voi. L’acquisto è garantito, l’ho già provato e mi auguro che anche voi vi godete una buona lettura. Allora:
ANDRE’ FROSSARD – L’ARTE DELLA SCRITTURA – quando lo Spirito attraversa la parola scritta, poiché era un ateo, ma una volta toccato da Dio tutto è cambiato, come avanti Cristo e d. C.
Anche io sono stata afferrata da Dio
Dal << Canto all’Amore >>
di Ernesto Cardenal :
La volontà di Dio è un complicatissimo tessuto che viene sempre modificato dal libero arbitrio dell’uomo, ma non per questo viene distrutto. In ogni istante questa volontà cambia, così come cambiano le circostanze alterate dall’uomo. In ogni caso particolare la volontà di Dio tiene in considerazione gli infiniti effetti che seguiranno e che modificheranno tutti gli altri casi e circostanze dell’universo. . .”
Dai lavori del cardinale Anastasio Ballestrero,
”Vivi nel Dio Vivo – Meditazioni ”
Il culto della previdenza
Dobbiamo dire che la povertà della nostra fede nella Provvidenza divina ha esaltato fino a preoccupanti esagerazioni il culto della previdenza umana: gli uomini programmano, fanno progetti, fanno i cosiddetti piani. Penso che questo tentativo di razionalizzazione radicale dell’uso dei beni della terra che tra l’altro si risolve poi nell’egoistico accentramento dei beni nelle mani di pochi, sottraendoli alla provvida mano del Signore – ci dovrebbe trovare più attenti.
È impressionante vedere quanto una mentalità tecnologica e un managerismo aziendale abbiano contaminato la vita delle nostre comunità: il Padre che nutre gli uccelli non serve più, il Padre che veste i gigli non è più che un’immagine poetica. Penso che dovremmo pregare il Signore perché ci faccia riscoprire la soavità di questo mistero: un figlio non è mai tanto figlio come quando si sente di aver bisogno del padre e ne è contento; un padre non è mai tanto padre come quando sente che il figlio ha bisogno di lui e ne gode.
Questo rapporto, che è fondamentale per il mistero della Provvidenza, dobbiamo ritrovarlo e dobbiamo viverlo, nei confronti del Signore benedetto e anche nei confronti della vita fraterna. Il Signore pensa a tutti, conosce le necessità di tutti, sa essere provvidenza di tutti, non importa in quali condizioni di vita, e bisogna che di questo ci persuadiamo per diventare testimoni della Provvidenza.
. . .Viviamo un momento storico nel quale le situazioni umane sono incredibilmente aggrovigliate, c’è lo stravolgimento degli equilibri economici, politici e culturali su scala mondiale. Verso che tempi andiamo? Che cosa ci aspetta? Insomma siamo preoccupati e a volte abbiamo l’impressione di essere orfani, derelitti, vagabondi in un deserto; ma non è vero! Il Padre è con noi, veglia su di noi e anche se noi, figli scapestrati, usciamo di strada, lui non ci abbandona.
pag.140: ” Il Signore, creandoci, ci ha chiamati per nome e ci ha destinati a un progetto di vita di cui lui possiede il segreto e la forza. Dobbiamo sentirci vegliati da Dio, soccorsi e guidati da lui, dobbiamo interpretare le vicende della vita non come un labirinto dal quale non si riesce ad uscire, non come una trappola nella quale è fatale cadere, ma piuttosto come una strada che il Signore, giorno dopo giorno, ci stende innanzi.
Questo dovrebbero comprenderlo soprattutto i nostri giovani i quali vivono dicendo che c’è tempo, dicendo che poi si vedrà , dilazionando responsabilità e scelte passando quindi a una situazione di incertezza, di demotivazione che crea sterilità, solitudine e tedio della vita. L’affogare nello stordimento di tanta nostra gioventù è proprio dovuto al fatto che non sanno che Dio li ha creati e li sta chiamando ad un progetto di vita pensato per loro da tutta l’eternità.
La nostra vita è un tessuto di iniziative che trovano la loro unificazione in un progetto unitario, che è la storia, la vocazione, l’impegno di ciascuno. Tutto questo è sollecitato, è sospinto interiormente da forze profonde , da energie inesauribili, da intuizioni mirabili che sono sì il frutto della vitalità umana, ma di quella vitalità che solo Dio pone e alimenta nell’uomo.
Nella nostra esistenza ci sono successi e insuccessi, cose belle e meno belle, ci sono grandi gioie e grandi dolori, ci sono soddisfazioni piene e delusioni amare, tutto un groviglio di cose diverse, ma la meraviglia è che al di là di tutto e a conclusione di tutto c’è la vita che avanza, c’è la storia che progredisce, c’è il disegno di Dio sull’umanità che si realizza”.
pag.105: ”La Chiesa sa che la comunione con Dio non è il risultato delle sociologie o delle psicologie umane, ma è il frutto del dilagare di Dio nel cuore degli uomini.
Il Concilio ha insistito su questo aspetto comunionale della Chiesa e ne ha parlato non come di una sociologia religiosa, realizzata in qualche modo dagli uomini; ha detto piuttosto che la vocazione di tutti a diventare figli nell’unico Figlio è il dinamismo realizzatore della comunione nella Chiesa.
In Cristo, unico Figlio, siamo tutti figli dell’unico Padre; per questo la Chiesa, che è la comunione più arcana e misteriosa, è capace di abbracciare tutti gli uomini rispettando la loro identità, la loro vocazione personale, la loro storia secondo i progetti di Dio. In questa realtà complessa, articolata nella moltitudine delle membra, noi vediamo in opera tutta la fecondità di Cristo, capo della Chiesa.”
pag. 24: ”Noi scriviamo libri di storia dove Dio non è mai nominato, mentre non leggiamo la Scrittura, dove non c’è una sola pagina in cui Dio non manifesti la sua presenza e il suo intervento.
Nella nostra vita personale, nella nostra psicologia, nella nostra sensibilità di creature che si dicono credenti, come è percepita questa presenza del Creatore? Non è un interrogativo banale e peregrino, anzi è fondamentale, perché se non riesco a realizzarmi come creatura di Dio e non riesco a vedere nella mia storia un progetto che non è mio ma di colui che mi ha creato per la comunione con lui, che credente sono?
Facciamo il nostro lavoro impeccabilmente, secondo i codici deontologici scritti dagli uomini, secondo le competenze professionali che la nostra preparazione ha acquisito, ma c’è Dio in questo nostro vivere e in questo nostro operare? Pensiamo, ma i nostri pensieri sono in sintonia con i pensieri di Dio, sono attenti a una voce che grida nel più profondo del nostro essere? Lo Spirito abita nel cuore dell’uomo e là soltanto si risolvono tutti i problemi della vita, ma questo nostro profondo lo conosciamo? Le voci che vengono da questo profondo, le ascoltiamo?
Che posto ha nella nostra vita questa consapevolezza? Che rilevanza ha, che influenza esercita, che luce e che grazia porta dentro di noi? Siamo troppo distratti e consumiamo l’orrendo sacrilegio di dimenticare che Dio è creatore. Quando l’uomo dimentica questo, perde il senso della vita. L’angoscia che oggigiorno caratterizza tanta cultura è il frutto di questa dimenticanza e di questa trascuratezza.”
NON POSSIAMO PREGARTI
RABBI JACK RIEMER
O Dio,
veramente non possiamo pregarti perché cessi la guerra:
infatti sappiamo che Tu hai fatto il mondo
in modo tale che l’uomo deve trovare la strada della pace in se stesso e con il suo vicino.
O Dio,
veramente non possiamo pregarti perché cessi la fame:
infatti Tu ci hai dato risorse abbondanti,
sufficienti a nutrire il mondo intero,
a condizione di usarle con saggezza.
O Dio,
veramente non possiamo pregarti di sradicare l’ingiustizia:
infatti Tu ci hai dato occhi capaci di vedere il bene
presente in ogni creatura, a condizione di usarli con saggezza.
O Dio,
veramente non possiamo pregarti di far scomparire la disperazione: poiché Tu ci hai dato il potere di trasformare i tuguri e di seminare la speranza, a condizione di usarlo con saggezza.
O Dio,
veramente non possiamo pregarti di far cessare le malattie:
poiché Tu ci hai dato un’intelligenza capace di trovare cure e medicamenti, a condizione di usarla con saggezza.
Per questo, o Dio, ti preghiamo piuttosto di darci la forza, determinazione e coraggio di agire e non solo di pregare,
e soprattutto di vivere e non soltanto di sperare.
Dalla rivista <<Il tempio di Don Bosco>> n. 4 Aprile 2015
LA RISPOSTA DI GESU’ A PILATO – SULLA VERITA’