archeologia articoli riviste giornali medicina scienziati spiritualità

Darwin, Lucy e l’originalità della religione degli Ebrei

Darwin, Lucy e l’originalità della religione degli Ebrei, “condite” da una specie di “antologia di cultura storica”

Hornet 1871

Nel 1871, quando uscì il saggio di Darwin sull’Origine dell’uomo, apparve sull’Hornet (calabrone) questa caricatura che, con umorismo quanto mai scontato, attribuiva all’autore il corpo di una scimmia. In realtà Darwin non aveva mai parlato di una discendenza dell’uomo dalla scimmia, ma aveva solo affermato che uomo e scimmia hanno antenati comuni: Il Calabrone, dunque, <<pungeva>> a sproposito. Del resto che cosa ci si poteva aspettare di meglio da un caricaturista, quando nel convegno annuale della Società Britanica del 1860, discutendosi delle tesi darwiniane sull’Origine delle specie, il dotto vescovo anglicano Samuel Wilberforce aveva rivolto a Thomas Huxley, sostenitore dell’evoluzionismo, questa elegante domanda: <<E’ da parte di suo nonno oppure di sua nonna, Sir, che lei è imparentato con le scimmie?>>. Ed Huxley, di rimando aveva risposto: <<Se dovessi scegliere per mio antenato fra una scimmia e un uomo che, per quanto istruito, usi la sua ragione per ingannare un pubblico incolto, […] non esiterei un istante a preferire la scimmia>>.

Come ogni dottrina scientifica, l’evoluzionismo, mentre risolve alcuni problemi, ne fa nascere altri non meno complessi e affascinanti. La selezione naturale – sostiene Darwin – fissa ed accentua le caratteristiche degli esseri viventi che ne favoriscono la sopravvivenza. Ma come emergono tali caratteristiche? Per ora dobbiamo rispondere: per puro caso! Il caso, dunque, avrebbe una sua capacità creativa. L’astronomo N. Chandra  Wickramasinghe ritiene questa risposta  del tutto insoddisfacente e osserva:

<<Un vento di tempesta che soffiasse su delle carcasse di aereo avrebbe più probabilità di comporre un “Boeing 747” nuovo di zecca (pur partendo da questi rottami) di quante non ve ne siano di generare la vita mettendo insieme a caso gli elementi che la compongono>>.

Osservazioni

Illustriamo la differenza fra selezione artificiale e selezione naturale con un esempio. Su un grande biliardo, dotato di molte buche di diversa ampiezza, si trovino N sfere di vario diametro, e il problema sia quello di infilarle nelle buche. Un abile giocatore non procederà a tentoni, ma sceglierà le biglie appropriate e le getterà rapidamente nelle buche con colpi ben calcolati: egli si comporterà dunque come gli allevatori. Il medesimo risultato si può però ottenere anche agitando a caso il biliardo, perché si darà pure l’eventualità che le biglie finiscano nelle buche; d’altra parte le buche stesse, per ragioni puramente meccaniche, impediranno l’entrata alle biglie di dimensioni eccessive. Anche con questo secondo metodo, simile alla selezione naturale, dopo un tempo necessariamente assai lungo, finiranno col rimanere sul biliardo solo le biglie <<rifiutate>> da tutte le buche. Tali biglie scartate sono paragonabili alle specie che non trovano la loro nicchia ecologica, cioè l’ambiente adatto, e che pertanto vengono eliminate. Il diametro delle buche corrisponde pressappoco alla pressione selettiva, ossia al <<criterio>>, del tutto inconsapevole, con cui un certo ambiente seleziona meccanicamente gli animali portatori di caratteristiche che favoriscono la sopravvivenza. Si pensi, per esempio, alle prime scimmie comparse una quarantina di milioni di anni fa, che conducevano una vita arboricola ad alcune decine di metri dal suolo; fra di esse la pressione selettiva privilegiava gli individui dotati di buona presa manuale, di ottime capacità di valutare le distanze, di braccia lunghe e simili. Gli individui sfortunati di queste doti avevano invece la massima probabilità di precipitare al suolo e rompersi l’osso del collo prima di aver prolificato. Così, in generale, gli individui più adatti trasmettevano ai figli le loro caratteristiche vantaggiose per vivere sugli alberi; gli altri, viceversa, non avevano il tempo di procreare figli e di trasmettergli la loro eredità negativa. Notiamo qui, una volta per tutte, che il nostro discorso sulla selezione naturale e artificiale degli animali vale parimenti per i vegetali.

La rivoluzione darwiniana contribuì a sfondare la barriera del tempo, fino allora ritenuto misurabile in poche migliaia o pochi milioni di anni. Le grandi conquiste della filosofia e della scienza moderna hanno dunque enormemente dilatato gli orizzonti dell’uomo.

https://www.voanews.com/a/2636038.html

https://www.voanews.com/a/discovery-of-lucy-skeleton-continues-to-be-relevant/2636041.html

1974, AFAR – AFRICA ORIENTALE

Johnson, paleontologo americano  e Tom Gray …

Perché Lucy è così importante?

Perché il ritrovamento di Lucy creò tanto trambusto? Prima ancora che tutte le analisi fossero completate (tale compito richiese circa quattro anni di lavoro) Johanson così ne spiegava i motivi:

<<Di speciale Lucy aveva tre cose: – rispondevo sempre –

  • Primo: quel che essa è – o non è, come si preferisce. Lucy è diversa da qualsiasi altra cosa mai prima scoperta o identificata. Non quadra con nient’altro. E’ unica. E’, in realtà, semplicemente un ominide molto vecchio, molto primitivo, molto piccolo. In qualche modo, ci toccherà farla quadrare con il resto, trovarle un nome.
  • Secondo: la sua completezza. Fino al ritrovamento di Lucy semplicemente non esisteva nessuno scheletro molto vecchio. Il più vecchio era uno di quei neandertaliani di cui parlavo poco fa, che ha circa settantacinque mila anni. Dì, è vero, esistono fossili ominidi più antichi, ma sono tutti frammenti. Ciò che da essi è stato dedotto  e riconosciuto, lo fu attraverso un raffronto di vari pezzi e pezzetti – un dente qui, un frammento di mandibola là, forse un cranio completo da qualche altra parte, più un osso di gamba da qualche altro posto ancora. La ricostruzione dell’insieme è stata fatta da scienziati che conoscono queste ossa come io conosco la mia mano. Eppure, quando si consideri che una simile ricostruzione può consistere di pezzi provenienti da una dozzina di individui diversi, che forse vivevano a centinaia e centinaia di chilometri l’uno dall’altro, e separati per giunta da un centomila anni nel tempo – ebbene, nel riguardare l’individuo completo appena messo insieme a questo modo ci si deve per forza chiedere: “Fino a che punto è reale?”. Con Lucy lo sapete. E’ tutto lì. Non avete da tirare a indovinare. Congetturare. Non dovete mettervi a immaginare un braccio che non è stato ritrovato. Lo vedete, il braccio. Lo vedete per la prima volta in una creatura che è più vecchia di un neandertaliano>>.
Lucy Le origini dell’umanità Donald Johanson e Maitland Edey, Mondadori

<<Più vecchia di  quanto?>>.

<<Questo, è il punto numero tre:

  • Tre: il neandertaliano ha settantacinquemila anni. Lucy ha, approssimativamente, tre milioni e mezzo di anni. E’ lo scheletro più antico, più completo, meglio preservato di qualsiasi antenato umano a stazione eretta che sia mai stato trovato>>.

Terminate le analisi si è visto che l’importanza di Lucy superava, in realtà, tutte le aspettative. Essa, infatti, non solo è il più antico ominide a stazione completamente eretta fino ad oggi conosciuto, ma rappresenta anche l’antenato comune sia dell’Homo habilis che degli australopitechi. (Si suppone che Australopiteco e Homo abilis siano <<cugini>>, ossia abbiano un antenato comune; secondo un’altra ipotesi, da noi citata, l’Homo abilis discenderebbe dall’australopiteco).

(Da D.C. Johanson e A.M. Edey, Lucy, Le origini dell’umanità, trad. di Laura Noulian, Milano, Mondadori, 1981)

Quello che rivelò Gesù a Maria Valtorta sul <<uomo-scimmia>>

30- 12 – 1946

Sento la notizia che hanno ritrovato in una caverna scheletri di uomo-scimmia. Resto pensierosa dicendo: “Come possono asserire ciò? Saranno stati brutti uomini. Volti scimmieteschi e corpi scimmieschi ce ne sono anche ora. Forse i primitivi erano diversi da noi nello scheletro”. Mi viene un altro pensiero: “Ma diversi in bellezza. Non posso pensare che i primi uomini fossero più brutti di noi essendo più vicini all’esemplare perfetto che Dio aveva creato e che certo era bellissimo oltre che fortissimo”. Penso a come la bellezza dell’opera creativa più perfetta si sia potuta avvilire tanto da permettere agli scienziati di negare che l’uomo sia stato creato uomo da Dio e non sia l’evoluzione dalla scimmia.

Gesù mi parla e dice:

  • “Cerca la chiave nel capo 6 della Genesi. Leggilo”.
  •  Lo leggo.
  • Gesù mi chiede: “Capisci?”.
  • “No, Signore. Capisco che gli uomini divennero subito corrotti e nulla più. Non so che attinenza abbia il capitolo con l’uomo-scimmia”.
  • Gesù sorride e risponde: <<Non sei sola a non capire. Non capiscono i sapienti e non gli scienziati, non i credenti e non gli atei. Stammi attenta. E comincia a recitare:
  • “E avendo cominciato gli uomini a moltiplicarsi sulla terra e avendo avuto delle figliole i figli di Dio, o figli di Set, videro che le figliole degli uomini (figlie di Caino) erano belle e sposarono quelle che fra tutte a loro piacquero … Ora dunque, dopo che i figli di Dio si congiunsero colle figlie degli uomini e queste partorirono, ne vennero fuori quegli uomini potenti, famosi nei secoli”.
  • Gli uomini che per potenza del loro scheletro colpiscono i vostri scienziati, che ne deducono che al principio dei tempi l’uomo era molto più alto e forte di quanto è attualmente, e dalla struttura del loro cranio deducono che l’uomo derivi dalla scimmia. I soliti errori degli uomini davanti ai misteri del creato.

Non hai ancora capito. Ti spiego meglio. Se la disubbidienza all’ordine di Dio e le conseguenze della stessa avevano potuto inoculare negli innocenti il Male con tutte le sue diverse manifestazioni di lussuria, gola, ira, invidia, superbia e avarizia, e presto l’inoculazione fiorì in fratricidio provocato da superbia, ira, invidia e avarizia, quale  più profonda decadenza e quale più profondo dominio di Satana avrà provocato questo peccato secondo?

Adamo ed Eva avevano mancato al primo dei comandi di Dio all’uomo. Comando sottinteso nell’altro di ubbidienza dato ai due: “Mangiate di tutto ma non di quest’albero”. L’ubbidienza è amore. Se essi avessero ubbidito senza cedere a nessuna pressione del Male fatta al loro spirito, al loro intelletto, al loro cuore, alla loro carne, essi avrebbero amato Dio “con tutto il loro cuore, con tutta la loro anima, con tutte le loro forze” come molto tempo dopo fu esplicitamente ordinato dal Signore. Non lo fecero e furono puniti. Ma non peccarono nell’altro ramo dell’amore: quello verso il proprio prossimo. Non maledissero neppure Caino, ma piansero sul morto nella carne e sul morto nello spirito in uguale misura, riconoscendo che giusto era il dolore da Dio permesso, perché essi avevano creato il Dolore col loro peccato e per primi dovevano sperimentarlo in tutti i suoi rami. Rimasero perciò figli di Dio e con loro i discendenti venuti dopo questo dolore.

Caino peccò contro l’amore di Dio e contro l’amore di prossimo. Infranse l’amore totalmente, e Dio lo maledisse, e Caino non si pentì. Perciò egli e i propri figli non furono che figli dell’animale detto uomo.

Ebla tavoletta contenente esorcismi contro i demoni (2500 a.C.)

5.4. Originalità della religione ebraica

Se dal punto di vista strettamente politico le vicende degli Ebrei non ebbero un grande rilievo, di deve però riconoscere che essi hanno vissuto una profonda e originale esperienza religiosa, come nessun altro popolo dell’antichità.

L’originalità della religione ebraica sta inizialmente nel fatto che gli Ebrei si distinguono da tutti gli altri popoli per aver adorato un solo Dio (monolatria), l’Iahvè, col quale Mosè concluse  l’ <<alleanza>> durante la fuga dall’Egitto e per aver rifiutato tutti gli altri dèi;

  • Nella concezione ebraica, Dio è garante della giustizia morale e dell’ordine del creato … per gli Ebrei Dio era nel cuore di ogni singolo fedele, e ognuno aveva pertanto il dovere di assumersi personalmente la sua responsabilità nel rapporto con gli altri uomini, dato che a lui solo, e non a una casta sacerdotale, spettava ascoltare la parola suggerita dal Signore.
  • Originalmente, quindi, il Dio era sentito dagli Ebrei in termini angustamente nazionali, senza quel soffio universalistico, quel largo respiro capace di abbracciare tutti gli esseri umani; soltanto in seguito, attraverso le sofferenze e le deportazioni, il popolo ebraico comincerà a pensare a un Dio di misericordia il quale, pur considerando quello di Israele come il popolo eletto, sarà anche il Padre di tutti quanti i popoli.
  • Questa religione non si riduceva all’esteriorità dei riti, dei canti dei sacrifici e delle cerimonie, ma era vissuta come fede profonda e intimo legame con Dio – riuscì quindi a lasciare un grande retaggio morale e spirituale che, arricchendosi di altri influssi culturali e filosofici, doveva in avvenire trapassare nella religione cristiana.

Potrebbe piacerti...