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La Religione del Mercato e le religioni tradizionali, il dialogo profetico, la nuova Pentecoste aspettata

Può darsi che non siate responsabili per la situazione in cui vi trovate, ma lo diventerete se non fate nulla per cambiarla.” Martin Luther King

Ognuno è responsabile di tutti.Antoine de Saint-Exupéry
Non reagire è una reazione: siamo altrettanto responsabili di ciò che non facciamo.Jonathan Safran Foer

Nella trasmissione FUORI DAL CORO – Rete4- condotta da Mario Giordano del 13/09/2022

https://mediasetinfinity.mediaset.it/video/fuoridalcoro20222023/immigrati-il-business-dellorrore-passa-anche-per-litalia_F312095101003C15

https://mediasetinfinity.mediaset.it/video/fuoridalcoro20222023/immigrati-il-traffico-di-organi-passa-anche-per-litalia_F312095101003C16

https://mediasetinfinity.mediaset.it/video/fuoridalcoro20222023/mauro-e-teresa-perdono-la-casa-per-un-debito-di-4500-euro_F312095101003C12

per un debito di 4500 € perdono una palazzina di 1.5000 000 € per un “ERRORE”???! UNA SVISTA

https://mediasetinfinity.mediaset.it/video/fuoridalcoro20222023/il-business-dellimmigrazione-gli-affari-della-cooperativa-sotto-accusa_F312095101003C14

Chi gestisce il disastro LAMPEDUSA





Giovanni Papini autore di Lettere agli uomini del Papa Celesino VI - nomina Belfagor, il demonio della confusione intellettuale ...

La Religione del Mercato

Nel 2011 – cioè 11 anni fa veniva alla luce questo libro PROFETICO – Pazzini Editore, 2011

PROLOGO

                Quello che questa raccolta di saggi si propone di ottenere è oltre modo importante. Gli autori cercano, come del resto i loro predecessori nei tre volumi precedenti, ognuno nel proprio contesto culturale e politico locale, di far crescere una “teologia cristiana liberatrice intercontinentale del pluralismo religioso”. Loro proposito non è solo quello di sviluppare un dialogo religioso anche se fruttifero tra cristiani e seguaci di altri cammini religiosi, ma soprattutto un dialogo che sia anche liberatore. Questo risponde alla fatica di mettere insieme le attuali teologie delle religioni con le attuali teologie della liberazione. Fortunatamente questo è stato l’interesse e l’impegno di un crescente numero di teologi cristiani nell’ultimo decade. E i volumi di questa serie “Per i molti cammini di Dio” sono stati un contributo significativo di questa crescita.

                Quello che mi propongo di segnalare in questo breve prologo è il perché questo lavoro – vincolare il dialogo interreligioso con la liberazione interreligiosa – sia oggi più urgente e complicato che mai. La mia tesi, se così possiamo dire, è che la ragione principale e la causa essenziale della crescente ingiustizia economica nel mondo e della povertà disumanizzante che risulta da tale ingiustizia è, in se stessa, religiosa. Le forze che stanno generando tanta ricchezza e allo stesso tempo tanta disparità nella sua distribuzione sono diventate esse stesse una religione. Il libero mercato globale si è trasformato in una religione esclusiva mondiale. Le religioni del mondo, tanto sul piano individuale quanto su quello interreligioso, devono partecipare a un dialogo liberatore profetico con questa nuova religione mondiale. Senza un dialogo interreligioso di tal fatta nei confronti della religione del mercato, non si potrà sfidare e “convertire” in modo efficace il potere disumanizzante del mercato. Mi sia concesso spiegare in breve quanto dico.

La religione del mercato

Contrariamente alla affermazione di Samuel Huntington in cui si dice che siamo dentro un “scontro di civiltà”, ritengo, piuttosto, che lo scontro  che sta avvenendo (e aggiungerei che non può non avvenire) non è tra civiltà, ma tra religioni! Però le religioni che combattono tra di loro non sono quelle delle comunità religiose tradizionali. Mi riferisco più precisamente allo scontro, all’opposizione fondamentale tra le cosiddette religioni mondiali da una parte e la nuova Religione del Mercato dall’altra.

David Loy in un articolo che ha provocato una ampia discussione ha argomentato con attenzione e competenza che la religione dominante, la più diffusa nel nostro mondo contemporaneo è “la Religione del Mercato”. Specialmente in paesi sviluppati come gli Stati Uniti, l’Europa e il Giappone questa è la religione a cui appartiene la maggior parte della popolazione ed è quella che richiede loro impegni religiosi fondamentali. La loro devozione alla Religione del Mercato precede e modifica la loro devozione al cristianesimo, al giudaismo o al buddismo1 .

                Per il credente comune, Religione del Mercato significa religione del consumismo. Uno pratica la sua fede e trova la salvezza consumando nei templi che sono i “centri commerciali”. Ma si tratta di una liturgia e un’adorazione quotidiana, non limitata alla domenica, al sabato o al venerdì.

                Per i prelati e le persone importanti di questa nuova religione, Religione del Mercato significa religione dell’”economicismo”. Secondo John Cobb, i devoti dell’”economicismo” ripongono la loro fede totale, assoluta (e possiamo dire “cieca”) nella credenza che la crescita economica perseguita senza restrizioni e senza l’interferenza dal governo, sia da parte di individui che di singole nazioni, porterà la salvezza al mondo intero. Nelle parole di Cobb:

                L’economicismo è questa organizzazione della società che intenzionalmente è al servizio della crescita economica. Tutti gli altri valori, tra cui quella della sovranità nazionale, sono subordinati a questo fine, con la sincera speranza che una prosperità sufficiente permetterà al mondo di risolvere anche le proprie necessità non economiche (articolo di Cobb tratto da una rivista statunitense ndt).

                Per la Religione del Mercato che si basa sulla fede incondizionata nell’economicismo, l’essere umano è un essere economico (homo economicus), cioè un essere che cerca razionalmente di ottenere il maggior numero possibile di cose con il minor lavoro possibile. Le sue relazioni con altri esseri sono di concorrenza. Questa Religione del Mercato presenta tutti i tratti che incontriamo nelle religioni tradizionali:

  • Il suo credo è composto dalla economia neoliberale del (Papa) Friedrich von Hayen e dello (Ayatollah) Milton Friedman.
  • I suoi teologi o ulama sono gli economisti (principalmente economisti occidentali)
  • I suoi missionari sono il vasto esercito di annunciatori che proclamano il suo messaggio di consumo in “spot commerciali” che riempiono le trasmissioni della radio e della televisione e nei cartelloni pubblicitari che popolano le nostre città e paesaggi.
  • I suoi centri di apprendistato sono i dipartimenti di economia delle università nordamericane e occidentali e il suo tribunale è l’Organizzazione Mondiale del Commercio.
  • Questa religione ha i suoi comandamenti il primo dei quali è: “non interferirai con il libero mercato” (O detto in maniera più tradizionale: “il Libero Mercato è il Signore tuo Dio; non avrai altri dei al di fuori di lui”).
  • Presenta una soteriologia chiara ed assoluta: “Fuori dal mercato non c’è salvezza”: Quelli che non sono “dentro” e non sono membri di questa religione vera sono considerati eretici o nemici, e devono essere controllati o eliminati.

Differenza fondamentale tra le religioni e la religione del mercato

C’è una differenza fondamentale, che in realità è un’opposizione fondamentale, tra l’etica di quello che Cobb chiama “economicismo” (o fondamentalismo del mercato) e l’etica delle religioni tradizionali. In forme enormemente differenti, che sono tuttavia anche complementari, le tradizioni abramitiche (ebraismo, cristianesimo, e islam), le tradizioni asiatiche (induismo, buddismo, confucianesimo, taoismo) e le religioni indigene hanno tra loro un accordo di base per il quale, indipendentemente dal grado di unità globalizzata che la razza umana possa raggiungere, tale unità deve basarsi su di un equilibrio tra l’interesse per se stessi e l’interesse per l’altro.

                L’etica religiosa è sempre paradossale. Dentro una diversità simboli e con enfasi differenti, tutte le tradizioni religiose dicono all’umanità che, in forma paradossale e al tempo stesso promettente, l’interesse per se stessi equivale all’interesse per l’altro. L’intuizione fondamentale che è alla base delle religioni invita le persone ad un cambiamento che le ricolmerà di vita e di pace facendo dell’interesse per se stessi l’interesse dell’altro. Tale “altro” è sempre differente da se stessi o comunque è sempre di più della consapevolezza che uno ha di se stesso nel momento presente. E’ l’Altro con A maiuscola (la Fonte di Vita Interiore di tutti) e l’altro con la minuscola: il prossimo di ognuno.

                Così ci dice Gesù: ameremo veramente noi stessi solamente quando ameremo il nostro prossimo. Maometto ci avverte che nell’avere cura di noi stessi, nel promuovere una società buona non possiamo mai dimenticare la cura per tutti gli altri, specialmente per i poveri e gli abbandonati. Per Buddha fare esperienza della propria illuminazione è sentire compassione per tutti gli esseri sensibili. Nell’ etica confuciana si afferma che “per affermare noi stessi dobbiamo aiutare l’affermazione degli altri; perché noi possiamo crescere dobbiamo aiutare gli altri nella loro crescita”.

                Perciò, questa è la questione o la sfida che le religioni devono prospettare nei confronti dei promotori del libero mercato. La comunità religiosa deve chiedere agli economisti, ai politici e ai presidenti corporativi: l’interesse per se stessi che voi insegnate è equilibrato dall’interesse dell’altro? E’ radicato in questo? E’ questo che lo guida? In verità, non sembra essere così. Il principio guida del Sistema capitalista mondiale, governato dal fondamentalismo del mercato, sembra essere: “Se cerchiamo l’interesse per noi stessi promuoveremo anche quello degli altri”. Questo, secondo le religioni, deve essere equilibrato da: “Se cerchiamo l’interesse degli altri, allora promuoveremo anche il nostro”. Le religioni avvertono: se non raggiungiamo questo equilibrio, se non coniughiamo l’interesse per noi stessi con quello per gli altri, allora vedremo grandi problemi. Di fatto, questa è la ragione per la quale il libero mercato globalizzato non riesce a rispondere alla grande disparità della ricchezza nel nostro mondo globalizzato, anzi, in realtà, ne rappresenta la causa.

Dialogo interreligioso con la religione del mercato

Per quanto risulti difficile, le religioni tradizionali del mondo devono partecipare in un dialogo profetico e critico con questa nuova Religione universale del Mercato. Le religioni devono affrontare i comandanti e i sommi sacerdoti della globalizzazione e aprire un confronto con questi sullo “scontro”, sulla differenza fondamentale tra la Religione del Mercato e le religioni tradizionali storiche. I dirigenti e i maestri religiosi devono lasciar vedere chiaramente che nel momento attuale e data la forma in cui la Religione del Mercato basta a se stessa, non sia possibile che un individuo sia “membro” della Religione del Mercato e allo stesso tempo seguace di Maometto, Gesù, Budda o Abramo. Qui non si giustifica la “doppia appartenenza”. Ad ognuno la scelta: inchinarsi davanti a Dio/Allah/il Dharma … oppure davanti al Mercato.

Il dialogo interreligioso con la Religione del Mercato è estremamente difficile, soprattutto perché il Mercato insiste nel dire, che come ha fatto la Chiesa Cattolica in tempi passati e come fanno attualmente molte comunità fondamentaliste cristiane e musulmane, che è l’unica vera religione. Tutte le altre sono false. Come ben si sa dalla storia delle relazioni interreligiose, qualsiasi religione che afferma essere l’unica vera religione non dialoga con un’altra religione: quello che cerca è di convertirla.

E tuttavia è particolarmente urgente riuscire a promuovere un qualche tipo di dialogo o di incontro tra le religioni del mondo e la Religione del Mercato. Se il Libero Mercato ha assunto il potere e il dominio tipico di una religione mondiale, se informa e dirige la vita delle persone in maniera penetrante come ha sempre fatto la religione, non è venuto il tempo, allora, che le religioni tradizionali del mondo intero si propongano come il mezzo principale per contrastare questa nuova religione idolatrica del Mercato?

Se è vero che c’è bisogno del fuoco per combattere fuoco, oggi abbiamo bisogno delle religioni per “combattere”, soffocare e ridirezionare la Religione del Mercato. Nella fase attuale, forse solo le religioni possono dare ai popoli la visione, l’energia, la speranza e la perseveranza per dialogare con la Religione del Mercato, lottare contro di essa e riconquistare i suoi seguaci che hanno messo il dio del consumismo e la crescita economica al posto dell’unico Dio, Quello che ci assicura che ognuno di noi incontrerà la vera felicità solamente se promuove la felicità di tutti.

                I saggi di questo libro collettivo e la serie “Per i molti cammini di Dio” di cui sono parte è un contributo piccolo ma significativo per la promozione del dialogo tra le religioni che renderà possibile il dialogo profetico con la Religione del Mercato. Mi sento onorato di avere il privilegio di offrire queste parole introduttive. E attendo con interesse la conversazione progressiva che questi saggi andranno a stimolare nella comunità cristiana e nella comunità delle religioni.

Paul Knitter

Professore emerito di teologia presso la Xavier University,

Cincinnati, Ohio, Stati Uniti

  1. Loy, David. “The religion of the Market”, Journal of the America Academy of Religion, 65/2 (1997), 275-90.

Nel pluralismo religioso si manifesta infatti un Dio che non avevamo sospettato né compreso: come sulla via di Emmaus è una presenza che ci rimanda trasformati alla nostra vita.

      Il pluralismo religioso è, in definitiva, una esperienza profonda di Dio.

      E forse siamo qui sul cammino tracciato dal visionario D. Bonhoeffer quando, imponendo il silenzio a un cristianesimo occidentale e antisemita ormai affondato per il proprio peso, apriva i nostri occhi a un nuovo cristianesimo: “Verrà un giorno in cui degli uomini saranno chiamati nuovamente a pronunciare la parola di Dio in modo tale che il mondo ne sarà cambiato e rinnovato. Sarà un linguaggio nuovo, forse completamente non religioso, ma capace di redimere e liberare … il linguaggio di una nuova giustizia e di una nuova verità, il linguaggio che annuncia la pace di Dio con gli uomini e la vicinanza del suo regno” (Dietrich Bonhoeffer, Resistenza e Resa, San Paolo, Milano 1988, p. 370).

Letizia Tomassone

 – pastora valdese, vice-presidente FCEI (Federazione Chiese Evangeliche Italiane)

Alla pag. 183 – Michael Amaladoss

“ … ci sono forze non religiose – politiche, economiche e perfino geopolitiche – che a volte finiscono per impadronirsi delle religioni. E’ un errore legare il terrorismo a una particolare religione. Il terrorismo nasce dal malcontento e dalla frustrazione prodotti dall’estrema emarginazione e povertà. Il divario crescente tra poveri e ricchi continuerà a essere un vivaio di conflitti, e la religione sarà cooptata dalle forze che combattono per sopravvivere.

Non importa quante armi e munizioni si riescano a strappare al terrorismo: la giustizia mondiale è l’unica via per ridurre i conflitti.

Il terrorismo ci ha aperto gli occhi sulla dinamica sociale e politica del pluralismo religioso. La mia tesi è semplice. La nostra discussione sul pluralismo religioso si è centrata sul dialogo interreligioso, e la cooperazione a livello formale non tiene conto delle ‘realtà del suolo che calpestiamo’. Tendono a essere astratte e teoriche. C’è un’enorme quantità di letteratura su questo … Poche volte si riflette sul potere che è incrostato nelle relazioni, e soprattutto nelle relazioni tra comunità religiose. I conflitti religiosi non riguardano dottrine e credenze; le loro micce sono fattori sociali ed economici. Il controllo delle risorse, il potere politico e il timore di perdere l’egemonia di un gruppo contribuiscono in larga misura ai conflitti. La teologia, che è il linguaggio per articolare la propria esperienza di fede, dovrebbe uscirne viva, in determinate situazioni. Non possiamo muoverci con uno schema prefabbricato o con una tipologia frutto di uno studio sganciato dall’insieme …” Michael Amaladoss

Geniale il libro – Padre Kolbe, un sorpasso sociale, a cura di Luigi Francesco Ruffato

Ed. Messaggero Padova, 2009

Storia di un sorpasso

  • Un giornalista laico, agnostico (A) e un cristiano cattolico (K): l’uno di fronte all’altro

Domande simulate (A) e

Risposte autentiche di Massimilano Kolbe (K) Martire

Alla pag. 46 leggiamo

                K             Innanzitutto insegnerei a rispettare gli altri, le diversità, anche se dichiaratamente avversari. Chiederei di persuadersi che anche i nemici cambiano in meglio se li ami. Io credo fermamente nella forza dell’amore. Noi cristiani abbiamo l’obbligo della mitezza a imitazione di Gesù che insegna: <<Imparate da me che sono mite e umile di cuore>>. Inoltre, chi ha l’obbligo morale di amare il nemico non può giustificare alcuna aggressività. Nemmeno verbale.

                A             Cercherebbe, però, di convertirli al cristianesimo?

                K             Proporrei loro la mia esperienza cristiana, che non è mai giusto uccidere nemmeno per la fede. Li inviterei a utilizzare gli argomenti di ragione. Gli attentati alla pace, alla convivenza democratica non provengono dalle diverse culture, ma dalla mancata conoscenza reciproca. Il dialogo interreligioso diventa difficile e, talvolta, impossibile, per ignoranza della propria cultura e religione. L’integrazione nasce dalla reciproca stima. L’assimilazione potrebbe diventare appropriazione, schiavitù. Il vangelo di Gesù mette in guardia dallo spadroneggiare sugli altri (cf. 1Pt 5,3).

Ai diversi da noi può bastare un bicchiere d’acqua, se hanno sete, ma è crimine quando lo si trasforma in strumento di sottomissione. I buoni intelligenti sanno stare con gli altri. Il problema non è essere diversi, ma buoni, capaci di amare. Lo affermo per l’esperienza diretta con buddisti, shintoisti e protestanti in Giappone. (Cf. SK, voci Amore al prossimo e al nemico, Buddismo).

                A             E i non cristiani disposti al dialogo civile, nel rispetto dei diritti e doveri sociali, onesti, dove li colloca lei? Non sono anche loro promotori di giustizia, di convivenza pacifica? Eppure, in loro, per voi, Dio non parla!

                K             Amico, i cristiani che la pensano così dimenticano l’insegnamento dell’apostolo Paolo, abituato a incontrare persone di etnie e religioni diverse. Egli riteneva che lo Spirito di Cristo non è solo presente nella chiesa, nei cristiani, ma che li precede agendo anche in altri credenti e non credenti. Dove c’è il dialogo amorevole per le opere di promozione umana là c’è Dio, anche se non lo si sa.

La Via crucis dell'umanità - il terrore, la fame, la paura, la speranza
La Via crucis dell’umanità – il terrore, la fame, la paura, la speranza
Le ingiustizie sociali
la voce e la coscienza del lavoratore cristiano
la voce e la coscienza del lavoratore cristiano

CITAZIONI

Diritti dell’uomo, democrazia e pace sono tre momenti necessari dello stesso movimento storico.” Norberto Bobbio

Un diritto non è ciò che qualcuno ti concede; è ciò che nessuno può toglierti.” William Ramsey Clark, su New York Times, 1977

Arcivescovo di Algeri, Henri Teissier; dal libro <<Accanto a un amico>> Edizioni Qiqajon, Comunità di Bose.

C’è una Pentecoste per ogni popolo

         Pag. 87: […] In fondo all’abside si può leggere, fin dall’entrata, quell’invocazione a Maria, Nostra Signora d’Africa, dipinta molto prima dell’indipendenza algerina e che riassume la missione della nostra chiesa d’Algeria: “Prega per noi e per i musulmani”.

A dire il vero, oggi non è necessario fare grandi viaggi per superare frontiere. La ricca differenza delle culture e delle eredità umane è adesso visibile ovunque, per chi sa aprire gli occhi, la porta e il proprio cuore.  Abbiamo eretto tante di quelle barriere tra gli uomini, e messo tanti di quei paraocchi ai nostri sguardi, che non siamo più in grado di scoprire “che le meraviglie di Dio sono proclamate in tutte le lingue”.

         Lo Spirito di Dio (La Croix, 16 maggio 1997) interpella ogni coscienza umana, a qualunque cultura religiosa appartenga.

         Per noi che ogni giorno viviamo la nostra esistenza cristiana nella differenza culturale e religiosa, la proclamazione del racconto della Pentecoste assume una densità particolare. Certo, le diverse nazionalità enumerate nel testo degli Atti degli Apostoli sono quelle alle quali appartenevano, come dice il brano di Pentecoste, “giudei osservanti di ogni nazione che è sotto il cielo” (At 2, 5). Ma tali giudei rappresentavano la diversità culturale dei popoli delle loro origini. Quale gioia allora nel sapere così riuniti, per accogliere lo Spirito, parti, medi ed elamiti, con gli abitanti della Cappadocia, del mar Nero e dell’Egitto e altri ancora. Nel nostro contesto culturale questa gioia è ancora più profonda, perché sentiamo nominare, esplicitamente, “gli arabi” e gli abitanti della “Libia vicino a Cirene” (At 2, 10).

         Sono stato, una volta, in visita pastorale alle piccole comunità cristiane che vivono oggi tra Derna e Tobruk in Libia. Ho domandato a un libico, musulmano naturalmente, se ci fosse qualcosa di particolare da vedere sulla strada che unisce le due città. Mi ha subito risposto: “Bisogna visitare la grotta del profeta Marqus (Marco)”. Sapevo che i cristiani egiziani ritengono che sia stato Marco a portare loro l’evangelo e definiscono ufficialmente la loro chiesa “la predicazione di san Marco”, ma non mi aspettavo certo di trovare un musulmano libico d’oggi che mi indicasse una grotta di san Marco sulla strada di Tobruk. Il nuovo vescovo di Bengasi, potrà fondare il suo ministero anche su queste memorie cristiane della Cirenaica.

         Simone di Cirene, un abitante dell’Africa del nord, ha rappresentato in anticipo la nostra chiesa del Magreb durante la passione di Cristo. Ho visitato anche la sua città, o quello che ne rimane, Cirene, e molto vicino a quel luogo, oggi Al Bayada, c’è una comunità cristiana cosmopolita quanto l’assemblea dei giudei della pentecoste.

… A dire il vero, oggi non è necessario fare grandi viaggi per superare frontiere. La ricca differenza delle culture e delle eredità umane è adesso visibile ovunque, per chi sa aprire gli occhi, la porta e il proprio cuore.

         Per questo motivo la commissione teologica internazionale ha appena fatto a tutti noi un bel regalo di pentecoste orientando e stimolando la riflessione cristiana sulla teologia delle religioni.

         Pentecoste è lo Spirito santo dappertutto, effuso sugli uomini affinché essi nascano alla vita di Dio della quale Gesù ha manifestato le armoniche e i tesori e ci ha dato in anticipo l’eredità citandoci tutti nel suo testamento. Non è forse morto per “raccogliere nell’unità tutti i figli di Dio dispersi” (Gv 11, 52)?

         Abbiamo eretto tante di quelle barriere tra gli uomini, e messo tanti di quei paraocchi ai nostri sguardi, che non siamo più in grado di scoprire “che le meraviglie di Dio sono proclamate in tutte le lingue”. Ho avuto la gioia, due settimane fa, di leggere alla televisione algerina una lettera inviata nel 1862 all’allora vescovo di Algeri dall’emiro Abd el – Kader. Diceva di essere intervenuto per salvare i cristiani da un pogrom druso, a Damasco, perché lo riteneva suo dovere, sia come musulmano che come servitore dei diritti dell’umanità, giacché, aggiungeva: “Tutti gli uomini sono figli di Dio”. Una simile convinzione non è forse uno di quei frutti dello Spirito dei quali parla l’epistola della Pentecoste?

         Non si tratta di negare che il male, la violenza, l’omicidio, la corsa al denaro sfigurano l’umanità. È la nostra grande sofferenza in questo momento in Algeria. Ma, dall’interno di questa situazione dolorosa, vogliamo rivolgere ai nostri fratelli uno sguardo di pentecoste, scoprire come lo Spirito di Dio interroga ogni coscienza umana, qualunque sia la sua cultura religiosa, e orientare ogni uomo verso la sua vera vocazione. E non c’è che una sola vocazione umana: ricevere l’amore di Dio per vivere di esso. Non è forse il dono dello Spirito? Scoprendolo all’opera negli altri, ritroviamo la fede nel suo agire nella nostra vita personale. È la reciproca missione che ci viene nuovamente affidata in questa Pentecoste. L’assumo con gioia, nella mia identità cristiana, quando scopro che il dono specifico che mi è fatto può anche unire, attraverso una cultura religiosa differente, la vita e il cuore di tutti i miei fratelli e sorelle dispersi nella moltitudine delle nazionalità e dei patrimoni umani.

         “Poiché lo Spirito ci fa vivere, lasciamoci condurre dallo Spirito”. “Quando verrà lo Spirito di verità, ci guiderà verso la verità tutta intera” (Gv 16, 13).

         Pag. 87: […] In fondo all’abside si può leggere, fin dall’entrata, quell’invocazione a Maria, Nostra Signora d’Africa, dipinta molto prima dell’indipendenza algerina e che riassume la missione della nostra chiesa d’Algeria: “Prega per noi e per i musulmani”.

         Pag. 158: […] Il posto della chiesa è su tutte le linee di frattura, tra i blocchi umani e all’interno di ogni essere umano, ovunque ci siano delle ferite, delle esclusioni, delle emarginazioni. Quando l’umano è in pericolo, al cristiano non è permesso disertare (Mons. Claverie, Le Lien, bollettino della diocesi di Orano, maggio 1996).

         Pag. 159: << … Riscopriamo Gesù come il servo sofferente e, nello stesso momento, come colui che dà a tutte le sofferenze degli innocenti il loro significato, che ne rivela la fecondità per la venuta della salvezza del popolo, e che le trasforma in offerta, in sacrificio nella sua eucaristia, nella nostra eucaristia, in sacrificio della nuova alleanza … Fissando i nostri occhi su Gesù, il Messia sofferente, siamo anche invitati a fissare i nostri occhi sulla sua attesa dell’<ora>, sulla sua obbedienza di servo sofferente, sulla sua dipendenza rispetto alla sua vocazione, alla sua missione, lui l’inviato del Padre, lui che è venuto per vivere e svelare quella qualità d’amore che va fino al dono di sé, e che culmina quale <ora> donata dal Padre …

Ogni vita umana ha un valore infinito e appartiene solo a Dio, fonte della vita

        L’esaltazione cristiana del martirio nel passato ha dato a volte l’impressione che si misconoscesse il valore della vita umana. Dopo due secoli di lotta per i diritti dell’uomo e la sua dignità, non possiamo oggi rischiare una vita umana senza interrogarci profondamente sul rispetto di tale vita. I poteri fanatici non esitano a mandare alla morte migliaia di giovani nel nome di un’ideologia. Le grandi nazioni moderne, al contrario, sono sempre più attente a proteggere la vita di ogni singolo cittadino, compresa quella delle forze armate impegnate in un conflitto. A mio parere si tratta di una domanda seria che ogni cristiano responsabile è costretto a porsi, in situazioni nelle quali la fedeltà cristiana potrebbe pagarsi a prezzo della vita. La tradizione della chiesa ha del resto sempre rifiutato il titolo di martire a coloro che provocavano i propri avversari e li costringevano a usare la violenza per sbarazzarsi di loro. Il passo è breve tra la pusillanimità nell’ora della prova, come il cattivo pastore dell’evangelo, e il fanatismo che conduce alla morte i militanti da capi poco rispettosi del valore di ogni vita umana>>.

https://www.europarl.europa.eu/factsheets/it/sheet/161/l-unione-europea-e-l-organizzazione-mondiale-del-commercio

https://www.europarl.europa.eu/factsheets/it/sheet/160/l-unione-europea-e-i-suoi-partner-commerciali

https://www.europarl.europa.eu/factsheets/it/sheet/162/regimi-commerciali-applicabili-ai-paesi-in-via-di-sviluppo

https://www.carmenwebdesign.it/wp-content/uploads/2022/05/Pietro-Il-Grande_1672-1725-zar-Russia-dal-1683-al-1725_il-primo-trattato-di-pace-tra-Cina-e-Russia-i-veri-mediatori-due-gesuiti_portoghese-Pereira_francese-Gerbillon-e-un-tedesco-in-LATINO.pdf

Il primo trattato di pace tra Cina e Russia, tracciare i confini tra le nazioni - una pace eterna, i Russi e i Cinesi la giurarono in nome dello stesso Dio in questi termini: "Se qualcuno avesse mai il pensiero segreto di riaccendere il fuoco della guerra, noi preghiamo il Signore sovrano di tutte le cose, che conosce i cuori, di punire questi traditori CON UNA MORTE IMPROVVISA". Tutti i popoli che coltivano la loro ragione riconoscono in pratica lo stesso Dio, nonostante tutti gli smarrimenti di questa ragione male istruita.
Il primo trattato di pace tra Cina e Russia, tracciare i confini tra le nazioni – una pace eterna, i Russi e i Cinesi la giurarono in nome dello stesso Dio in questi termini: “Se qualcuno avesse mai il pensiero segreto di riaccendere il fuoco della guerra, noi preghiamo il Signore sovrano di tutte le cose, che conosce i cuori, di punire questi traditori CON UNA MORTE IMPROVVISA”.

Embargo

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Un embargo (dallo spagnolo embargar, detenere), nel diritto internazionale, è una sanzione in base alla quale viene imposto ad una nave di non salpare, o di non effettuare attracco, presso un porto dello Stato in cui si trovi.

In senso più ampio, per embargo si intende il blocco degli scambi commerciali deciso da uno o più paesi nei confronti di un paese terzo, solitamente per motivi politici o economici. Si tratta di una misura di coartazione della libertà di decisione degli Stati colpiti da tale provvedimento, può essere anche utilizzato come strumento nell’ambito di una strategia militare nel corso di una guerra. Per embargo dell’oro o embargo sull’oro, si intendeva una misura precauzionale che uno Stato poteva adottare in difesa del corso della propria moneta, vietando l’esportazione di oro e argento, metalli rispetto ai quali era ammessa per legge la convertibilità.

Indice

Casi storici famosi

Guerra del Kippur

Magnifying glass icon mgx2.svgLo stesso argomento in dettaglio: Crisi energetica (1973) e Guerra del Kippur.

Il 6 ottobre 1973, approfittando della festività ebraica dello Yom Kippur, truppe egiziane e siriane attaccarono contemporaneamente Israele, dando inizio alla quarta guerra arabo-israeliana. Lo stesso giorno, a Vienna, i delegati dei paesi dell’Opec si trovavano riuniti con i rappresentanti delle compagnie petrolifere per discutere l’adeguamento del prezzo ufficiale del petrolio. Mentre la notizia dello scoppio della guerra e degli iniziali successi egiziani fu accolta con entusiasmo dalla delegazione dei paesi produttori, la quale propose senza esitazioni un aumento del 100% del prezzo del greggio, i rappresentanti delle compagnie, le cui decisioni dipendevano dal beneplacito dei governi occidentali, furono subito presi dal timore che il petrolio venisse usato come arma per influire sull’esito della guerra. Il timore non si rivelò infondato.

Considerata la distanza insormontabile tra le proposte delle controparti, il 14 ottobre si arrivò alla rottura delle trattative e, due giorni dopo, i delegati degli stati petroliferi del Golfo si ritrovarono a Kuwait City, dove presero due importanti decisioni. Anzitutto stabilirono di elevare del 70% il prezzo del petrolio. Si trattò di una presa di posizione storica, non tanto per la consistenza dell’aumento, che sostanzialmente allineava il prezzo del greggio a quello del mercato libero, quanto per il fatto che la decisione per la prima volta era stata presa dai paesi produttori unilateralmente, senza il consenso delle compagnie. «Ora siamo finalmente padroni del nostro prodotto» dichiarò in quell’occasione il ministro del petrolio saudita Ahmed Yamani. In secondo luogo i convenuti si accordarono per una riduzione progressiva della produzione petrolifera nella misura del 5% al mese, mantenendo però stabili le forniture agli Stati considerati “amici”.

I tagli alla produzione e il trattamento differenziato a seconda dei vari paesi miravano chiaramente a esercitare una pressione sugli stati occidentali, creando una divisione al loro interno riguardo all’atteggiamento da assumere nella guerra in corso tra arabi e israeliani. Il principale obiettivo erano gli Stati Uniti, il più importante alleato di Israele, tant’è che, quando pochi giorni dopo il presidente statunitense Nixon annunciò pubblicamente l’intenzione di concedere allo stato ebraico consistenti aiuti per fronteggiare le difficoltà belliche, le misure appena prese a Kuwait City vennero ritenute insufficienti. Prima la Libia, poi l’Arabia Saudita, nonostante gli stretti legami di re Feisal con la potenza americana, dichiararono l’embargo su tutte le spedizioni di petrolio verso gli Usa. Di lì a qualche giorno anche gli altri stati arabi seguirono il loro esempio. L’embargo fu mantenuto in vigore fino al marzo dell’anno successivo, benché già il 26 ottobre si fosse arrivati ad un cessate il fuoco fra Egitto e Israele.

Nel conflitto si manifestò l’importanza del petrolio, con conseguenze che andarono ben oltre le sorti della guerra in medio oriente, infatti gli Stati Uniti avevano raggiunto, in campo petrolifero, il loro apice produttivo e si erano trovati privi di capacità di riserva. Il mondo industriale, accortosi improvvisamente di essere divenuto troppo dipendente da un gruppo di paesi politicamente ostili, dovette affrettarsi a varare nuovi piani energetici, ma anche a intraprendere nuove politiche nel vicino oriente. Nei paesi occidentali l’embargo ebbe un forte impatto psicologico anche sui comuni cittadini, costretti non solo a pagare più cara la benzina, ma anche a fare la fila davanti alle pompe o, in qualche caso, a sottomettersi al divieto di usare la propria auto in alcuni giorni stabiliti. Il prezzo ufficiale del greggio, che a metà del 1973 era di 2,90 dollari a barile, alla fine dell’anno aveva raggiunto quota 9,20. Si verificò così il paradosso che, con i prezzi che salivano alle stelle, i paesi esportatori potevano ridurre la produzione e nel contempo aumentare i loro introiti.

Soluzioni per l’aggiramento

Alcuni modi per aggirare un provvedimento di embargo sono le triangolazioni e l’installazione di presidi operativi direttamente nello Stato che ne sia oggetto. Tramite le triangolazioni la compravendita è mediata da un Paese terzo che non aderisce ai trattati, e funge da intermediario per gli scambi di merci e dei pagamenti fra il Paese produttore e quello sottoposto a embargo. La mancata adesione ai trattati di embargo non è sanzionata, poiché un Paese neutrale risulta comodo per gli affari delle controparti.

Alcune società aprono filiali distaccate nei Paesi sottoposti a embargo e gestiscono gli scambi di materie prime e prodotti finiti mediante il meccanismo della triangolazione.

Embarghi in essere

Attualmente, tra i paesi colpiti da embargo, figurano:

  •  Corea del Nord: attuato dall’ONU, dagli USA e dalla UE nel 2006 in seguito all’attuazione di un test nucleare da parte del regime nord-coreano. Tale embargo proibisce la vendita alla Corea del Nord e il commercio in tale Paese di armi missilistiche, carri armati e beni di lusso.
  •  Sierra Leone: embargo attuato sul commercio dei diamanti in tale Paese, il cui acquisto è vietato.
  •  Siria: attuato dall’ONU in seguito alle violente repressioni che il governo siriano ha attuato, nelle quali l’esercito ha fatto uso di armi e blindati per soffocare proteste, manifestazioni e rivolte popolari.
  •  Sudan: attuato dall’ONU in seguito alle sanguinose azioni militari di pulizia etnica attuate dal regime militare sudanese nella regione del Darfur.
  •  Palestina: attuato da Israele a partire dal giugno 2007; vedi anche Blocco della Striscia di Gaza.
  •  Mali: dall’aprile 2012 (dalla comunità economica stati africani).
  •  Cuba: a causa della rivoluzione cubana.
  •  Iran: a causa della rivoluzione iraniana.

Embarghi passati

Note

  1. ^ Tesi di laurea di Francesca Battista ,2002|http://files.studiperlapace.it/spp_zfiles/docs/battista.pdf
  2. ^ Comunicato del 28 maggio 2003, su mincomes.it (archiviato dall’url originale il 25 aprile 2009).
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Blocco della Striscia di Gaza

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Area del blocco nella Striscia di Gaza

Il blocco della Striscia di Gaza si riferisce al blocco terrestre, aereo e marittimo, dell’entrata nell’area della Striscia di Gaza governata da Hamas, imposto da Israele ed Egitto a partire dal giugno 2007[1][2][3][4]. In seguito alla vittoria di Hamas nelle elezioni legislative palestinesi del 2006, Hamas e Fatah formarono un governo palestinese di unità nazionale guidato da Ismail Haniyeh. Scattarono immediatamente sanzioni economiche contro l’Autorità nazionale palestinese, a seguito dell’entrata nel governo di Hamas, da parte di Israele e del quartetto per il Medio Oriente: Stati Uniti, Unione Europea, Russia e Nazioni Unite. Nel 2007, Hamas ha preso il controllo della Striscia di Gaza nel corso della battaglia di Gaza[5], costituendo le istituzioni di governo e sostituendo i funzionari di Fatah.

La Striscia di Gaza confina con Israele, Egitto, e il Mar Mediterraneo. Egitto e Israele hanno chiuso in gran parte le loro frontiere con muri di cemento e filo spinato. Israele esercita il controllo sul genere delle merci che entrano nella Striscia.[6] Il volume delle merci che Israele lascia entrare a Gaza è un quarto del flusso precedente al blocco.[7] La marina israeliana mantiene un blocco marittimo a tre miglia nautiche dalla costa. L’Egitto, prima dei rivolgimenti democratici del febbraio-marzo 2011, stava costruendo una barriera d’acciaio sotterranea per evitare la violazione del blocco con i tunnel.

Israele sostiene il blocco per limitare il lancio di razzi palestinesi dalla Striscia di Gaza sulle sue città e per evitare che Hamas ottenga altre armi. L’Egitto non apre completamente il valico di Rafah in quanto, aprendo completamente il confine egiziano, riconoscerebbe il controllo di Hamas su Gaza, la divisione tra Gaza e la Cisgiordania e disconoscerebbe la legittimità dell’Autorità nazionale palestinese.[8]

Il blocco è stato criticato dal Segretario generale dell’ONU Ban Ki-moon, dal Consiglio dei diritti umani delle Nazioni Unite[9][10] e da altre organizzazioni dei diritti umani. Esso è contrario alla risoluzione 1860 del Consiglio di sicurezza delle Nazioni Unite approvata l’8 gennaio 2009[11]. La violazione di tale risoluzione è invece ufficialmente supportata dagli Stati Uniti.[12] Dopo le pressioni internazionali a causa dell’incidente della Freedom Flotilla, l’8 giugno 2010, Egitto e Israele hanno attenuato le restrizioni del blocco.

Inno alla VITA
Inno alla VITA

Questo è forse 0,00001 % di quello che affligge l’umanità, di cosa siamo stati capaci con il nostro ben – essere, tecnologia, robotica: si muore di fame, sete, freddo, mancanza di cure mediche … C’è un odio crescente, la ragione non prevale sul orgoglio e la superbia regna con la falce in mano, pronta … Eppure, basta un lampo di umanità, guardate bene negli occhi di un bambino, tutti siamo responsabili di non aver fatto NULLA per cambiare tutta questa follia, perché è questa la sua diagnosi: FOLLIA in stato PURO.

Il lamento della PACE di Erasmo da Rotterdam SOLTANTO GLI UOMINI, ai quali più che ad ogni altro essere si addiceva l’unanime concordia e che più di tutti ne hanno bisogno, non accettano di essere conciliati dalla natura, che pure è in altre cose tanto potente ed efficace: l’educazione non li unisce, i tanti benefici che nascerebbero dalla concordia non li inducono a stringersi insieme, la vista e l’esperienza di tanti mali non li conduce infine all’amore scambievole.
Il lamento della PACE di Erasmo da Rotterdam

E non v’è forse un accordo anche tra le belve più crudeli? La ferocia dei leoni non li spinge a lottare fra loro, il cinghiale non vibra la fulminea zanna contro un altro cinghiale, la lince vive in pace con la lince, il serpente non infierisce sul serpente, la concordia dei lupi è stata addirittura esaltata dai proverbi. Aggiungo – cosa anche più stupefacente – che persino gli spiriti maligni, che per primi spezzarono l’accordo fra Dio e l’uomo e che tuttora lo insidiano sottostanno a certi loro patti e rispettano tutti d’accordo una qualche sorta di tirannico regime. SOLTANTO GLI UOMINI, ai quali più che ad ogni altro essere si addiceva l’unanime concordia e che più di tutti ne hanno bisogno, non accettano di essere conciliati dalla natura, che pure è in altre cose tanto potente ed efficace: l’educazione non li unisce, i tanti benefici che nascerebbero dalla concordia non li inducono a stringersi insieme, la vista e l’esperienza di tanti mali non li conduce infine all’amore scambievole.

Tutti hanno lo stesso aspetto e una medesima voce, e mentre le altre specie animali si differenziano fra loro soprattutto per la struttura corporea, all’ uomo soltanto è stata infusa la forza della ragione, che accomuna tutti gli uomini, mentre nessuno dagli altri animali ne ha parte. A questo solo dei viventi è stata concessa la parola, che ha funzione primaria nel promuovere le relazioni amichevoli; in tutti gli uomini sono innati i germi delle conoscenze e delle virtù, un’indole mite, pacifica e incline alla benevolenza, cosicché per natura piace a tutti l’essere amato ed è gradevole far del bene al prossimo anche senza compenso, a meno che non si tratti di qualcuno che sia degenerato, da uomo che era, in belva, corrotto da turpi bramosie come dalla pozione di Circe. Ecco perché la gente dà il nome di “umano” a tutto ciò che ha riguardo alla mutua benevolenza, di guisa che la parola “umanità” indica non già la natura dell’uomo, ma i costumi che a quella natura si addicono. In più, all’ uomo sono state date le lacrime, che possa trovare facilmente la riconciliazione, se per caso sorgesse l’inciampo di qualche offesa o una piccola nuvola oscurasse la serenità dell’amicizia.

Ecco con quanti argomenti la natura ci persuade alla concordia! E tuttavia, non paga di questi allettamenti della reciproca benevolenza, ha voluto che l’amicizia fosse per l’uomo non solo gradevole, ma addirittura necessaria. A tal punto essa ha distribuito le doti sia del corpo che dell’animo, da far sì che nessuno sia di tutte tanto ben fornito da non aver mai bisogno dell’aiuto anche dei più umili; e non ha assegnato le stesse doti ad ognuno, né in eguale misura, in modo che questa diseguaglianza venisse compensata attraverso mutui amichevoli servigi.

Diverse regioni offrono prodotti differenti, in modo che sia bisogno stesso a suggerire i reciproci scambi. Agli altri animali furono date armi e protezioni peculiari con cui difendersi, mentre l’uomo soltanto è stato creato inerme e debole, in modo che per stare al sicuro non possa fare a meno dell’accordo e dell’assistenza scambievole.

La società civile è nata dal bisogno e fu il bisogno a suggerire la consociazione dei vari gruppi per respingere con le forze congiunte gli assalti delle belve e dei predoni. Tali sono le condizioni della vita umana, che non v’è cosa in cui l’uomo basti a sé stesso.

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Il genere umano sarebbe subito perito sin dagli albori della sua esistenza, se dopo la creazione l’unione coniugale non lo avesse propagato: non nascerebbe infatti uomo alcuno, o morirebbe appena nato e perderebbe la vita alle soglie della vita stessa, se la mano amica della levatrice, la dedizione affettuosa della nutrice non venissero in soccorso del neonato. In questa vicenda la natura ha inserito così vivide scintille di affetto, che i genitori già amano colui che non hanno ancora veduto; vi aggiunse la devozione scambievole dei figli verso i genitori, in modo che quelli a loro volta siano di sostegno all’ indebolirsi di questi, così che si attui quella situazione per ogni aspetto lodevole, che i Greci con termine azzeccato chiamavano ————. Si aggiungono i vincoli di parentela e di affinità, si aggiunge in taluni una somiglianza d’indole, di gusti, di aspetto, che concilia con grande efficacia la simpatia, e in molti non so qual misteriosa disposizione dell’animo e un mirabile incentivo al reciproco amore, che gli antichi, non senza stupore, attribuivano a un dio o ad un genio.

Tanto numerosi sono gli argomenti con i quali la natura ci induce alla pace e alla concordia, con tanti allettamenti ci invita, con tante funi ci trascina, con tanti mezzi ci sforza! E a questo punto, quale è mai questa Erinni così efficiente nell’ operare il male, che, dopo aver spezzato, sconnesso, rovesciato tutti questi argomenti, ha insinuato nei cuori umani un insaziabile furore?

Che cosa è la felicità? Visto che ci troviamo in Italia
La felicità è un percorso, non una destinazione. Non c'è momento migliore di questo per essere felice - parole sante, Madre Teresa di Calcutta

“La civiltà di un popolo non progredisce con la ricchezza economica, ma con
l’evoluzione del bene da condividere e il rispetto dei diritti di tutti, iniziando dai più deboli. La
pace non si fonda sui trattati CHE FIRMANO I VINCITORI, MA SULLA MORALITA’ DEI
COSTUMI, CHE OBBLIGA VINTI E VINCITORI. La guerra è l’espressione immorale e violenta
del potere selvaggio sui più deboli”.
“IMPERI E NAZIONI CROLLANO NON per la discutibilità delle leggi, ma per la
corruzione dei costumi che le precede. Credo nell’efficacia di un progetto politico con il quale
si promuova la libertà NON DI FARE ciò che ci pare e piace, ma di adempiere i doveri scritti
nella coscienza naturale di tutti”. Santo e martire, Massimiliano Maria Kolbe

https://reliefweb.int/disasters

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